Domenico Clerico, nato nel 1950 a Monforte d’Alba, era più di un semplice produttore di vino. Era un visionario, un uomo che, pur non avendo viaggiato il mondo in lungo e in largo, aveva una visione chiara e profonda del suo lavoro e del mondo. La sua filosofia si basava su un rispetto profondo per la terra e un umile riconoscimento delle capacità degli altri, consapevole di vivere in una delle regioni più belle del mondo: le Langhe.
L’azienda di famiglia Clerico era un esempio tipico di conduzione agricola mista: frutta, nocciole, uva e bestiame. Quando suo padre Clemente non fu più in grado di gestire l’azienda, Domenico accettò l’onore di proseguire l’attività di famiglia. In una lettera famosa, espresse il suo desiderio di dedicarsi esclusivamente alla produzione di vino di alta qualità, convinto che le terre di Langa avessero un potenziale ancora inespresso.
Domenico sposò Giuliana Viberti, che divenne la sua compagna e alleata in questa avventura. Iniziò a vinificare il Dolcetto nelle prime fasi, lavorando duramente tra i filari per instaurare un legame intenso con la terra. Credeva fermamente che la qualità del vino derivasse da un rapporto di continuo scambio con la vigna.
La Ricerca della qualità
Domenico Clerico sapeva che per produrre vini di eccellenza non bastava solo una buona materia prima, ma era necessaria anche la capacità di innovarsi. Seguendo i consigli di Angelo Gaja, un altro grande del vino piemontese, Clerico introdusse pratiche innovative come il diradamento dei grappoli, che effettuò di nascosto dal padre per non destare opposizione.
Questa ricerca incessante della qualità lo portò a utilizzare tecniche di vinificazione innovative, combinando la tradizione con la modernità. Non credeva in dogmi rigidi tra “modernisti” e “tradizionalisti” ma sosteneva che ogni produttore dovesse rispettare la propria interpretazione personale del vino.
Il successo con il Barolo
Il primo Barolo di Domenico Clerico, il Briccotto Bussia, prodotto nel 1977, segnò l’inizio di una serie di successi. A questo seguirono altri grandi Baroli come il “Ciabot Mentin“, il “Pajana” e il “Percristina“, dedicato alla figlia scomparsa. Ogni vino era il risultato di un’attenzione meticolosa alle vigne e alla qualità del prodotto.
Clerico non si fermò al Barolo. Continuò a innovare e a produrre altri vini di alta qualità come il Dolcetto “Visadì”, la Barbera “Trevigne”, il Langhe Nebbiolo “Capisme” e il Langhe Rosso “Arte”. Nel 2005 introdusse il “Aeroplanservaj“, un Barolo da Nebbiolo non di Monforte, ma di Serralunga d’Alba, chiamato così in omaggio al soprannome datogli dal padre.
La sua ultima grande innovazione fu una cantina all’avanguardia realizzata nel 2011. Costruita in acciaio, vetro e cemento, la cantina suscitò opinioni contrastanti ma rappresentò l’ennesimo esempio della sua capacità di guardare avanti e di rompere con le convenzioni.
L’eredità di Domenico Clerico
Domenico Clerico è morto nel luglio del 2017, lasciando un’eredità duratura nel mondo del vino. La sua azienda continua ad essere un punto di riferimento grazie ai 22 ettari di vigneti di pregio. L’ultimo sogno di Clerico era produrre un vino da uve nebbiolo senza passaggio in legno, sogno realizzato dai suoi eredi con il Langhe “Perdomenico”, destinato esclusivamente a opere di beneficenza.
La sua passione, la sua visione e la sua incessante ricerca della qualità continuano a ispirare produttori e amanti del vino in tutto il mondo. La sua eredità è un tributo alla sua vita e al suo lavoro, un ricordo del potere della visione e della dedizione.
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