Vino: lo scenario che ci attende

Critico il mercato Horeca, tiene la Grande Distribuzione, negli USA crescono le importazioni di vini italiani di fascia alta e quelli di “prezzo”, male gli intermedi.

Ottobre 2020
Vino: lo scenario che ci attende

La seconda fase della pandemia da Covid-19 che impatto avrà per il comparto vitivinicolo italiano?

E’ la domanda che tutti gli attori della filiera si stanno ponendo e a cui è indubbiamente difficile dare risposta certa.

Qualche utile indicazione proviene dal confronto sviluppato dal recente Milano Wine Business Forum, il tradizionale incontro organizzato da Business Strategies e basato sulle risultanze di un’indagine in dodici Paesi del mondo, tra Europa e America.
Secondo lo studio, i due terzi dei produttori di vino registrano nell’infausto anno in corso un impatto grave o gravissimo e un terzo circa un impatto modesto. Chi manifesta difficoltà è prevalentemente orientato verso il canale Ho.re.ca, mentre chi ha contenuto il momento di crisi ha nella Grande Distribuzione il proprio principale cliente.
L’export ha segnato una situazione negativa, ma ha mostrato una tendenza assai diversificata. Il consumatore statunitense, ad esempio, ha continuato a prestare grande attenzione verso i vini made in Italy, limitatamente alle fasce estreme di prodotto: crescono i vini di prezzo basso e quelli di prezzo molto alto dalla rilevante identità, mentre soffrono quelli di fascia intermedia. Negli USA, giova ricordarlo, la consegna a domicilio è ben strutturata ed è una consolidata abitudine d’acquisto.
Ascoltando le considerazioni di diversi piccoli produttori piemontesi, possiamo aggiungere che in molti casi quest’anno le cantine si sono svuotate e pare evidente che l’approvvigionamento diretto sia dunque cresciuto per i vini da consumo quotidiano: vini da tavola, sì, ma di qualità artigianale e di territorio. Probabile in questo caso l’effetto smart working.

Lo scenario futuro si presenta quindi denso di nubi, ma saranno le scelte a determinare i prossimi risultati. Da una situazione di crisi si può uscire distrutti oppure con la consapevolezza di trovarsi in una realtà che offre opportunità diverse: chi avrà capacità e creatività ne uscirà meglio.
A patto che dalla crisi non si cerchi di uscirne in maniera squisitamente individualistica. E’ ora di fare sistema, mettere a punto strategie per raggiungere direttamente i consumatori finali, fidelizzare brand aziendali e brand di terroir. Cioè sfruttare il momento critico per raccontare e raccontarsi, consolidare mercati ed esplorarne di nuovi.

«Mai come oggi abbiamo bisogno di imprenditori visionari, capaci di avere visione sul futuro e di coraggio per intraprendere strade di innovazione e sviluppo» come ha concluso Silvana Ballotta, CEO di Business Strategies.

Secondo la Treccani il termine “visionario” significa “Che immagina e ritiene vere cose non rispondenti alla realtà o elabora disegni inattuabili; sognatore“.
A noi pare più calzante pensare ad un imprenditore “visionario” che conosce perfettamente la realtà e sa immaginare come può essere modificata. L’opposto di quel «si è sempre fatto così» che ancora oggi, troppo spesso, sentiamo mormorare nelle nostre cantine.

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