L’iscrizione ufficiale alla lista UNESCO del Patrimonio Culturale Immateriale con la dicitura “Cerca e cavatura del tartufo in Italia: conoscenze e pratiche tradizionali” è arrivata proprio nel mese di dicembre dallo specifico Comitato intergovernativo Unesco.
Si completa così un percorso durato otto anni che ha visto la partecipazione di una rete interregionale nazionale, estesa dal nord al sud della penisola italiana: dall’Associazione nazionale “Città del Tartufo” alla Federazione Nazionale associazioni tartufai italiana, dalle associazioni locali a singoli tartufai. Una candidatura che si è valsa del coordinamento tecnico-scientifico dell’ufficio Unesco del Segretariato Generale del Ministero della Cultura e che ha consentito di acquisire la consapevolezza di quanto questa pratica tradizionale riunisca i territori tartufigeni italiani in una comunità diffusa, oltre a consentire una catalogazione finora mai realizzata che documenta una pratica tradizionale tramandata in molte zone del paese.
Di fatto l’UNESCO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura, riconosce i patrimoni immateriali come strumento di trasmissione di conoscenze e competenze da salvaguardare e come mezzo del dialogo interculturale e del rispetto verso i diversi modi di vivere, espressione di non solo di diversità culturale, ma anche di creatività umana. Una ricchezza di conoscenze che trasmettono da una generazione all’altra i tratti identitari delle comunità e il loro rispetto dell’ambiente in cui vivono.
Ebbene, se c’è un esempio di capacità dell’uomo di stare sulla terra in accordo con mondo animale e vegetale, quello è la pratica tradizionale della ricerca del tartufo.
Diffusa in tutta Italia in territori specificamente vocati, condotta con una sapienza tramandata per esperienza tra le generazioni, rappresenta da un lato la profondità dell’interazione tra uomo e cane e dall’altro il profondo rispetto del misterioso segreto della terra.
Una pratica antica, tradizionale, che si intreccia con la storia delle comunità coinvolte: la ricerca del tartufo e la sua cavatura sopravvive solo là dove sopravvive il rispetto degli ambienti vocati.
Lo hanno sottolineato anche il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio e il suo vice Fabio Carosso: “Dopo i Paesaggi vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato, le Residenze reali dei Savoia e i Sacri Monti, ora anche l’affascinante e misteriosa ricerca del tartufo diventa patrimonio dell’intera umanità. E come per i paesaggi vitivinicoli disegnati dalle mani dell’uomo è il legame con la terra a fare la differenza. Consapevoli però che il tartufo nasce quando e dove vuole: è merito solo della Natura e noi di questo patrimonio prezioso le siamo estremamente grati”.
(foto Davide Dutto per Archivio Ente Turismo Langhe Monferrato Roero)