Difficile fidarsi di un frutto completamente nero, le cui foglie, oltretutto, sono tossiche, e che da crudo non è nemmeno commestibile.
Provate ad assaggiare un pezzetto di melanzana cruda: dal sapore amaro, sembra impossibile che possa diventare quella delizia che conosciamo, nei vari, notissimi piatti che la vedono protagonista assoluta, primo fra tutti la parmigiana di melanzane.
Come per altre solanacee, c’è voluto del tempo perché la cattiva fama potesse essere sconfitta dal sapere gastronomico. Per molto tempo il suo nome più antico – petrongiano, e poi melangiana – veniva interpretato molto spesso come mela insana, non commestibile.
ORIGINI ORIENTALI
Ancora in epoca moderna, nel XVII secolo, la melanzana (Solanum melongena) era un frutto poco noto in Europa, di esotica provenienza. Nel mondo arabo era noto da più tempo – almeno dal medioevo – e apprezzato in cucina, ma le sue origini sono da cercare ancora più a oriente, in India. Furono però gli arabi a diffondere l’ortaggio dall’insolito colore nell’Europa mediterranea. E oggi la melanzana è diventata insostituibile protagonista della cucina estiva e l’Italia tra i maggiori produttori ed esportatori di innumerevoli varietà, dalle molteplici forme e sfumature di colore, dal bianco latte al violetto, al nero.
Più piccante, più dolce, adatta alla caponata, ideale per la pasta alla Norma. Soprattutto il Meridione ha selezionato le varietà più diffuse di melanzana. Impossibile citarle tutte, ma qualche consiglio si può dare.
La Violetta di Firenze ha la polpa bianchissima e più tenera, di sapore dolce e ha dimensioni molto grandi e forma rotonda, ideale per ottenere belle fette da grigliare. Chi preferisce i sapori forti deve orientarsi verso la Violetta di Napoli o la Palermitana, dalla buccia nera e lucida, adatta anche alle conserve, oltre che a tutti i piatti della tradizione del Sud.
Tutt’altro che malsana, la melanzana ha ottime proprietà nutritive, unite a un ridotto apporto calorico (appena 24 calorie per 100 grammi, ma – attenzione – sul frutto crudo).
LA RICCHEZZA NELLA BUCCIA
Uno dei suoi pregi principali sta poi nella buccia scura, ricca di antociani, antiossidanti naturali. Pertanto, è buona pratica cucinarla senza privarla della sua buccia, che deve essere lucida, liscia e tesa, indice di freschezza dell’ortaggio. E in aggiunta la melanzana è una vera bomba ricostituente di sali minerali, in particolare di potassio, magnesio e calcio, e contiene anche le principali vitamine, che, tuttavia, in parte vanno perse con la cottura.
Ed è proprio la cottura a rendere speciale questo ortaggio che, al taglio, presenta una polpa spugnosa e bianchissima, solo lievemente segnata da piccoli semi inizialmente indistinguibili nel frutto appena colto, poi via via più scuri.
Una delle caratteristiche della melanzana è appunto la capacità di assorbire il grasso di cottura, e con quello sapore e aromi. Solo che, satura di condimento, aumenta considerevolmente il suo apporto calorico, soprattutto in frittura, processo che, oltretutto, diminuisce notevolmente il contenuto di acqua. Insomma, non c’è nulla di più appetitoso di una fetta di melanzana fritta in olio extravergine d’oliva, avvolta in semplice pastella di acqua e farina, ma il rapporto di 24 calorie per 100 grammi va rivisto al rialzo, e che rialzo!
Riassumendo, la melanzana è dietetica solo se grigliata a fette, condita con un filo d’olio, un po’ di peperoncino, se piace, e una punta di aglio, senza esagerare. Ottimo e dietetico piatto estivo. Se invece volete che la melanzana si esprima al meglio e sprigioni tutte le sue proprietà gustative, allora friggetela senza pietà, saturatela di olio extravergine del migliore, annegatela nel condimento. Vi regalerà sensazioni tutte mediterranee: non è estate se non c’è melanzana.