Pochi i vini al mondo hanno fatto uno sviluppo veloce e costante nel tempo come il Roero Arneis. Il suo percorso moderno nel territorio del Roero è indicativamente iniziato nei primi anni Settanta del Novecento e ha impiegato pochi decenni a costruire un patrimonio viticolo che supera i 900 ettari e permette di portare sul mercato più di 7,5 milioni di bottiglie.
Probabilmente nell’epoca precedente l’arrivo dell’infezione fillosserica (sulle colline del Roero è giunta tra le fine dellaOttocento e l’inizio del Novecento), i vigneti di Arneis erano più estesi di quelli censiti negli anni Sessanta e Settante del ventesimo secolo. Ma, nemmeno nelle epoche pre-fillosseriche raggiungevano i livelli attuali.
Sulle colline del Roero, la diffusione della fillossera ha avuto come conseguenza l’abbandono della coltivazione viticola e della produzione di vino a favore di una frutticoltura che nella prima metà del Novecento era destinata a farsi più estesa e redditizia. Quello era il periodo nel quale, tanto nel Roero quanto in Langa e in altre zone del Piemonte, dominava l’agricoltura mista, con il vigneto affiancato ad altre colture, dal seminativo al prato, dall’allevamento alla frutticoltura e orticoltura per finire a produzioni minori come l’allevamento del baco da seta.
Nel Piemonte vitivinicolo, poi, primeggiava la produzione di vini rossi. I pochi bianchi erano rappresentati da Moscato d’Asti e Asti Spumante. I vini bianchi “secchi” rivelavano produzioni minoritarie. Al riguardo, è utile ricordare la segmentazione per colore della produzione vinicola piemontese alla fine degli anni Settanta: sull’intera produzione di allora (circa 4.500.000 ettolitri) i vini rossi incidevano per il 90%, mentre ai vini bianchi spettava a mala pena il 10%. E questo 10% (450.000 ettolitri) era formato al 90% da Moscato d’Asti e Asti Spumante, mentre ai bianchi secchi spettava appena il 10%, ovvero 45.000 ettolitri.
In questi 45.000 ettolitri erano comprese le produzioni di Cortese di Gavi, Cortese dellaAlto Monferrato e quelle dei Colli Tortonesi Cortese. E, poi, l’Erbaluce di Caluso e i vini senza denominazione a base ancora di Cortese e poi di Favorita, Arneis e altre varietà autoctone. I vitigni internazionali (Chardonnay, Sauvignon, Riesling, ecc.) erano poco presenti nel vigneto piemontese e il loro vero insediamento si sarebbe manifestato negli anni Ottanta e decenni successivi.
Arneis, un cammino prima incerto, poi travolgente
L’avvio della graduale diffusione del vitigno Arneis nelle vigne del Roero è iniziato negli anni Settante del Novecento, in un primo tempo in modo timido e poi in maniera sempre più convinta. Nella realtà, lo sviluppo si è avviato quasi casualmente. “C’era un forte bisogno di trovare qualcosa di nostro che potesse far progredire il mondo agricolo del Roero, ma non c’erano certezze”. Chi parla così è Giovanni Negro, oggi titolare di una qualificata azienda che produce Roero Arneis a Monteu Roero, allora giovane agricoltore di belle speranze e tanta voglia di darsi da fare. Ma per l’avvio dello sviluppo dellaArneis sulle colline del Roero il suo impegno è stato cruciale. Perciò, lasciamo a lui il racconto di quelle fasi iniziali.
“Erano gli anni Cinquanta e nell’agricoltura italiana su iniziativa della Coltivatori Diretti erano stati promossi i Club 3P (3P significava provare, produrre, progredire). Anche nella mia zona, a Sant’Anna di Monteu Roero, ne era stato costituito uno e io – ancora un ragazzino, ma curioso e intraprendente – ne ero stato eletto segretario. Organizzavamo approfondimenti su temi tecnici ed economici delle nostre colture e cominciammo a ragionare anche sulla viticoltura, allora una coltivazione tra le tante. Per approfondire i fatti storici della nostra viticoltura, chiesi al sindaco di allora, Alessandro Boetti, di consultare l’archivio comunale e, con mia grande sorpresa, scoprii che nella storia del mio territorio l’Arneis aveva avuto un ruolo importante. In quel momento invece non c’era nemmeno una vigna di Arneis, solo pochi filari qua e là, posti spesso nelle fasce periferiche dei vigneti per difendere le uve nere (Nebbiolo e Barbera) da uccelli e cacciatori.
Così portai nel direttivo del Club 3P i risultati della mia ricerca. Ricordo che esordii dicendo che avevamo in mano un tesoro ma non lo sapevamo. Era l’Arneis”.
In quel momento, erano parecchie le prove di vinificazione in secco di tante uve bianche, Arneis compreso e così decisero di provare a vinificare l’Arneis per farne un vino secco già nel 1970, la vendemmia che stava arrivando.
“Dopo una verifica tra gli associati, – continua Negro – scoprimmo di essere in sette ad avere qualche filare di Arneis e ci impegnammo a vinificare insieme le uve prodotte nei nostri poderi. Misi a disposizione la mia piccola cantina di allora. Pigiate tutte le uve Arneis dei nostri filari non riuscivamo a colmare una botte da 7 ettolitri. Non sapevamo che fare. Il giorno dopo ci sarebbe stato il mercato a Canale e così decidemmo di andarci per recuperare altra uva Arneis.
A Canale, però, nessuno ce la voleva vendere. Sul mercato c’erano i mediatori che compravano per altri vinificatori e si erano fatti promettere l’Arneis. Così, improvvisai un mio comizio, promettendo a chi ci avesse venduto gli Arneis non già 500 lire al miriagrammo come pagavano i mediatori, ma 1.000 lire. In pochi minuti la situazione cambiò e così trovammo le uve per colmare la prima botte e farne una seconda”.
Il vino era fatto. Bisognava farlo sapere. Che cosa avete inventato?
“Allora le occasioni di promozione erano rare. Avevamo saputo che a Torino, al vecchio Castello del Valentino, ci sarebbe stata una fiera dedicata ai vini. Così ci andammo, prenotando un piccolo tavolo di esposizione e io mi impegnai a presentare il vino. La novità è stata talmente apprezzata che da quel momento l’Arneis è diventato un beniamino della ristorazione piemontese. Ma non ci siamo fermati lì. Abbiamo continuato a lavorare nel territorio per dare un supporto concreto al nuovo vino. Il lavoro è stato arduo: gli ostacoli da superare erano infiniti, ma dalla nostra avevamo l’entusiasmo dei principianti e la convinzione di costruire qualcosa di utile al Roero.
A fine anni Settanta, la Regione Piemonte varava i “Piani Agricoli Zonali” e io sono stato nominato presidente del Piano Agricolo della Zona 1102 che includeva molti paesi del Roero. Con questa investitura, sono stato ulteriormente stimolato a lavorare al “progetto Arneis” e così ho coordinato il lavoro per ottenere la Doc a favore di questo vino. Il lavoro più importante è stato quello di delimitare la zona di origine delle uve per il Roero Arneis. E dal nostro lavoro è scaturita la zona di 19 paesi della sinistra del Tanaro, 4 per l’intero territorio e 15 per una parte”.
Il resto è storia recente, le cui tappe si possono così sintetizzare: nel 1985 è giunta la Doc al Roero (vino rosso a base di Nebbiolo); nel 1989 è toccato al Roero Arneis. Nel 2005, i due vini sono passati dalla Doc alla Docg. Nel 2013 è stato costituito il Consorzio per la tutela del Roero e del Roero Arneis, per dare un’identità efficace ai vini prodotti sulle colline di questo territorio.
“Ma ci sono altre due date che vorrei ancora ricordare – ricorda Negro – e sono il 1985 quando sono diventato sindaco di Monteu Roero e lo sono rimasto per alcuni mandati e, poi, il 1988, quando con la collaborazione di alcune persone di forte sensibilità e del Comitato Manifestazioni Sant’Anna ho istituito il Premio Giornalistico del Roero, che nel 2023 celebra la 35° edizione”.
2018, l’importanza del nuovo Disciplinare
Senza dubbio l’emanazione del decreto 27 luglio 2017 che ha varato il nuovo Disciplinare per la Docg Roero e, quindi, anche per il vino Roero Arneis non è stato un punto di arrivo. Sarebbe riduttivo per questo territorio che ha dimostrato le sue ambizioni e di averle sapute materializzare. Non parliamo, perciò, di traguardo, ma di un risultato intermedio destinato a dettare a produttori ed enti istituzionali altre scommesse per conferire al vino, al territorio e ai suoi interpreti una identità qualificata e un valore essenziale.
Per capire il valore qualitativo e strategico del Roero Arneis nella denominazione Roero ci pare utile passare in rassegna le norme salienti che guidano la produzione del vino e lo orientano a un mercato di qualità.
Cominciamo dalle tipologie: in tutto sono cinque, due vini rossi (Roero e Roero Riserva) e tre bianchi (Roero Arneis, Roero Arneis Riserva e Roero Arneis Spumante). Legata alle tipologie c’è anche la possibilità di denominare il Roero bianco omettendo il riferimento al vitigno, finora ritenuto imprescindibile. I commenti tra i produttori sono diversi: c’è chi sostiene che non rinuncerà mai al vitigno, chi invece pensa che la rinuncia alla varietà non sia problematica. A recepire questa possibilità sono per il momento le aziende più giovani, quelle che hanno un mercato orientato più in esportazione e quelle che hanno un riferimento di origine molto forte che hanno meno bisogno del supporto varietale. Ricordiamo che si tratta di un’opportunità, non di un obbligo. Tra i produttori è stata anche valutata l’eventuale tipologia Roero Arneis Passito. Al momento non è stata ritenuta essenziale anche per le attuali dinamiche di mercato e per gli elevati costi di produzione.
La base ampelografica. Anche in questo caso, è stata trovata da tempo la soluzione ottimale. Per quanto concerne le tipologie di vino rosso, il Nebbiolo dev’essere presente almeno al 95%, con la possibilità di avere in vigneto fino a un 5% di altre varietà, del medesimo colore, tra quelle idonee alla coltivazione in Piemonte. La stessa cosa vale per le tre tipologie bianche. In questo caso il vitigno di riferimento (95-100%) è l’Arneis.
La zona di origine delle uve è un dato ormai consolidato. Tutti i tentativi degli ultimi anni di rettificare la zona di origine per accogliere alcuni territori dei paesi non inclusi globalmente non hanno dato esito positivo. Pertanto, la zona di origine delle uve per la produzione dei vini della Docg Roero resta così definita: l’intero territorio amministrativo dei comuni di Canale, Corneliano d’Alba, Piobesi d’Alba, Vezza d’Alba e parte di quello dei comuni di Baldissero d’Alba, Castagnito, Castellinaldo, Govone, Guarene, Magliano Alfieri, Montà, Montaldo Roero, Monteu Roero, Monticello d’Alba, Pocapaglia, Priocca, S. Vittoria d’Alba, S. Stefano Roero, Sommariva Perno.
L’uso della “Vigna” e delle “Menzione Geografiche Aggiuntive”
Sulle varie tipologie della Docg Roero è possibile l’uso della menzione “Vigna” con il relativo toponimo o nome tradizionale e della Menzione Geografica Aggiuntiva (MeGA).
La “Vigna” è un’indicazione di riferimento aziendale e può essere usata a patto che:
• i toponimi o nomi tradizionali figurino nell’apposito elenco regionale;
• la menzione sia indicata nella denuncia delle uve, nei registri e nei documenti di accompagnamento;
• la vinificazione delle uve, la conservazione e l’imbottigliamento del vino siano effettuate separatamente.
Per quanto concerne le Menzione Geografiche Aggiuntive, il Decreto 27 luglio 2017 ne riporta in allegato l’elenco e le delimitazioni. Tale lavoro è stato condotto dal Consorzio del Roero, che per la delimitazione non ha usato solo il criterio geografico, ma ha tenuto conto anche della vocazione dei vari ambienti collinari alla coltivazione di Arneis e Nebbiolo per produrre i vini della Docg Roero.
In tutto le Menzioni individuate e delimitate sono 153. Tra esse, 18 fanno riferimento ai nomi dei comuni della zona di origine, escluso Castellinaldo che dal 2021 è Sottozona della Barbera d’Alba. Le restanti 135 sono circoscritte a spazi più piccoli di un paese; alcune appartengono a un solo comune, altre a più comuni. Le Menzioni geografiche sono utilizzabili tanto per le tipologie del Roero vino rosso quanto per quelle del Roero Arneis. L’applicazione dell’uso delle Menzioni risale all’annata 2017 e il passare del tempo ne sta rafforzando l’utilizzazione. Nel 2022 sono state 31 le Menzioni geografiche rivendicate per il Roero vino rosso e 18 per il Roero Riserva. Relativamente al Roero Arneis le Menzioni geografiche rivendicate nel 2022 sono state 27 e 6 per il Riserva. Alcune di esse sono rivendicate per più tipologie di vini.
Contrariamente ad altre denominazioni, l’uso della “Vigna” non è vincolato al contemporaneo impiego della Menzione geografica.
Altre regole qualificanti
La zona di vinificazione: prima di tutto tale zona è formata dai comuni che in tutto o in parte sono inclusi nella zona di origine delle uve. Inoltre, tenendo conto delle situazioni tradizionali, la zona è ampliata anche ai comuni di Alba, Bra, Barbaresco, Barolo, Castiglione Falletto, Cherasco, Diano d’Alba, Grinzane Cavour, La Morra, Monchiero, Monforte d’Alba, Montelupo Albese, Neive, Novello, Roddi, Roddino, Serralunga d’Alba, Sinio, Treiso, Verduno in provincia di Cuneo. Negli anni passati si era lavorato per individuare un’unica zona di vinificazione delle uve Nebbiolo per i vini Barolo, Barbaresco, Roero e Nebbiolo d’Alba, progetto che non è andato in porto. Un peccato perché questa ipotesi poteva attivare una maggiore sinergia tra le denominazioni legate al Nebbiolo.
La maturazione dei vini: meritano un po’ di attenzione i periodi di maturazione delle tipologie di questa Docg. Il Roero Arneis senza ulteriore specificazione non ha maturazione obbligatoria. Le cose cambiano con le altre soluzioni e in questi casi la durata del periodo di maturazione si calcola dal 1° novembre dopo la vendemmia. Il Roero Arneis con la Menzione geografica deve maturare almeno 4 mesi. Il Roero Arneis Riserva, con o senza Menzione geografica, deve maturare 16 mesi in cantina.
Quanto al Roero vino rosso, la maturazione minima è fissata in 20 mesi, con 6 di questi da trascorrere in legno. Il Roero Riserva, infine, deve maturare almeno 32 mesi, compresi i 6 in contenitori di legno. La specificazione “Riserva” si può rivendicare direttamente nel periodo post-vendemmiale o all’atto della certificazione della Docg.
Da ultimo, due note relative alla tipologia Spumante, riservata al Roero Arneis. Il disciplinare non propone una regolamentazione specifica, anche se qualche produttore l’avrebbe desiderata. Le regole di produzione sono riferite alle norme generali per gli spumanti, tenendo conto che tale tipologia si può ottenere sia con il Metodo Classico (il più utilizzato) sia con il Martinotti. Sulla base di queste considerazioni, è possibile che in futuro si arrivi a determinare regole più specifiche, magari privilegiando il Metodo Classico rispetto al Martinotti. Ultima nota va fatta per la zona di elaborazione degli spumanti che ribadisce i confini della zona di vinificazione dei vini tranquilli.