Roero Arneis locomotiva di sviluppo

Dedichiamo la nostra attenzione al Roero Arneis, il vino bianco, vera e propria locomotiva dello sviluppo di questa zona.

Giancarlo Montaldo Marzo 2019
Roero Arneis locomotiva di sviluppo

Il Roero è un microcosmo ben definito nel Piemonte vitivinicolo. È il territorio alla sinistra del fiume Tanaro, composto da 19 paesi dove l’Arneis e il Nebbiolo danno origine a due vini dallo stile universale. Stavolta dedichiamo la nostra attenzione al Roero Arneis, il vino bianco, vera e propria locomotiva dello sviluppo di questa zona.

 

Storica Bottiglia di ArneisL’inizio del percorso produttivo e identitario del Roero Arneis è relativamente recente. La Doc risale al 1989 e la Docg al 2004. Ci sono tuttavia alcuni rilievi di storia recente che vanno ricordati per dare una collocazione tangibile all’inizio del “fenomeno Arneis”.

A Sant’Anna di Monteu Roero sono rimasti ormai pochissimi esemplari di una bottiglia che in etichetta portava questa scritta: “Arneis – Denominazione di origine semplice – dai vigneti di S. Anna di Monteu Roero – Produttori Vinificatori associati: Club 3P – Loc. Riveri, Fraz. S. Anna Monteu Roero”. Sul collarino è indicata l’annata di produzione, il 1973.

Sotto la sigla Club 3P operavano piccoli gruppi di produttori, coordinati dalla Coltivatori Diretti. Insieme cercavano di fare ciò che individualmente era impossibile realizzare. Le tre “P” stavano per “Provare – Produrre – Progredire”.

Questa bottiglia può essere considerata la pietra miliare di inizio della produzione organizzata dell’attuale Roero Arneis Docg. Dal punto di vista produttivo e strutturale, allora, tutto era frammentario e improvvisato, ma quei pochi “pionieri” avevano nella mente e nel cuore la voglia infinita di riscatto di un territorio (il Roero) e di una professione (il viticoltore) che avrebbe dato vita a un cammino destinato a portare lontano.

Ci voleva coraggio anche solo a pensare a un progetto di questo genere: la realtà produttiva era frammentata. Pochi viticoltori disponevano nelle proprie vigne di filari di Arneis. Stime molto sommarie sostengono che all’inizio degli anni Settanta nel Roero ci fossero globalmente tra i 10 e i 15 ettari coltivati ad Arneis, ma erano sparsi qua e là in tante parcelle di pochissimi filari. Già mettere insieme un po’ d’uva era un’impresa. Le strutture di cantina, poi, erano obsolete e poco attrezzate. Quando andava bene erano preparate per fare vini rossi. Fino a quel momento nessuno aveva pensato al bianco.

In quegli anni, è partito un processo di sviluppo che non si sarebbe più fermato, passando per fasi successive e sempre più organizzate dal punto di vista tecnico e professionale. In sostanza, da quel primo atto non sono ancora passati 50 anni e il Roero Arneis e i suoi produttori hanno fatto molta strada, consolidando per sé e per il territorio risultati viticoli, enologici, di mercato e di identità che i “pionieri” di allora non avrebbero mai immaginato.

Un percorso tumultuoso

Dopo quell’inizio improvvisato e temerario, il cammino dell’Arneis è diventato ben presto un cammino tumultuoso. A quei pochi “pionieri” si sono in fretta accodati altri produttori e, nel giro di pochi anni, la notorietà dell’Arneis ha oltrepassato i confini del territorio di origine per interessare gli operatori della ristorazione e della mescita di tutto il Piemonte e del nord-ovest italiano. Presto al vino Arneis è stata attribuita dal mondo dei sommeliers (anch’essi in grande sviluppo) l’immagine di “vino emotivo”, creando interesse e curiosità anche tra i consumatori. Bisognava razionalizzare il settore produttivo, ponendo alcune regole di base anche per evitare fenomeni di degenerazione produttiva (soprattutto le frodi in commercio) che avrebbero potuto minare sul nascere un fenomeno viti-enologico molto promettente.

Il primo passo fu il ricorso a quelli che allora erano chiamati “Vini da Tavola a indicazione geografica e di vitigno” e così gli Arneis a cavallo tra gli anni Settante e Ottanta cominciarono a proporsi sul mercato con binomi del tipo “Arneis del Roero o dei Roeri” oppure “Arneis del Piemonte” o ancora con locuzioni che univano il nome del vitigno a quello di uno dei paesi del territorio alla sinistra del Tanaro.

Insieme all’identità e all’immagine cominciarono a svilupparsi anche gli impianti vitati e così nel 1989 la Denominazione “Roero”, che alcuni anni prima (nel 1985) aveva attribuito la Doc al vino rosso da Nebbiolo, si arricchì di una seconda tipologia, il Roero Arneis, destinata nel giro di pochi anni a egemonizzare il comparto produttivo.

Cocuzzoli del Roero davanti al Monviso

Nel primo anno di attivazione dell’Albo dei Vigneti gli ettari censiti erano 126, già molto vicini al patrimonio produttivo del Roero (150 ettari). E nel giro di pochi anni il Roero Arneis avrebbe prevalso in modo inequivocabile sul vino rosso della stessa denominazione. Nel 1990, il Roero Arneis superava già il Roero per 196 ettari a 173; nel 1995 il distacco diventava più marcato: 366 ettari rispetto ai 195 del vino rosso. E così via di questo passo: nel 2000 gli ettari salivano a 453, nel 2005 a 530 e nel 2010 a 694. Oggi, ovvero nel 2018, la base vitata del Roero Arneis dispone di 950 ettari e il Roero è rimasto fermo a 250.

Un periodo molto fecondo

Gli ultimi dieci anni di attività per il Roero Arneis sono stati molto fecondi. E non solo perché è stato fondato il Consorzio per la Tutela del Roero e del Roero Arneis, che ha favorito una sorta di autonomia della zona e dei suoi vini rispetto al percorso fatto prima insieme agli altri vini del territorio albese. Quel passo, in fondo, è stato solo lo strumento per operare in modo più diretto sulle denominazioni di appartenenza.

Il lavoro più importante è sintetizzato da una serie di iniziative che, in vari settori, hanno messo al centro dell’attenzione i vini del Roero, adottando a loro favore interventi adeguati ed efficaci.

È il caso di “Roero Days” nel settore promozionale, che vede ogni anno un bel gruppo di produttori presentare i loro vini a operatori e appassionati in un’area strategica del territorio italiano.

Ma l’iniziativa decisamente più strategica è stata quella relativa all’adeguamento del Disciplinare di produzione alle esigenze attuali del settore produttivo, con un occhio al vino e alla sua identità e un altro al mercato.

Numerose sono le novità introdotte nel 2018, tutte ispirate a qualificare e rafforzare l’identità del vino come protagonista autorevole tra i grandi bianchi del mercato internazionale.

Il primo elemento nuovo è l’inserimento della tipologia Roero Arneis Riserva, dotata di un significativo periodo di maturazione e affinamento in azienda: una scelta dettata non solo per intercettare nuove domande di mercato, ma soprattutto per sottolineare un carattere che negli ultimi anni si è via via affermato tra i produttori, ovvero la capacità di resistere al tempo. Nella sostanza, questo ha smentito uno dei luoghi comuni più frequenti dell’identità di questo vino, cioè la scarsa capacità di resistere al tempo per la presenza di una struttura acida non troppo solida.

Negli ultimi tempi, numerosi produttori hanno iniziato a fare vini con una spiccata longevità e questa nuova tipologia vuole valorizzare proprio questi prodotti, in grado di disporre di un mercato molto interessante, soprattutto in una vocazione di export.

Non è strana questa particolare evoluzione del settore produttivo: si tratta, infatti, di un comparto piuttosto giovane, con vigneti che solo adesso stanno raggiungendo la vera maturità viticola, che sa mettere a disposizione della cantina uve ricche e complesse, capaci di dare origine a vini poliedrici, più complessi e completi, non solo di pronta beva.

Altro passo importante, soprattutto in prospettiva futura, può essere è l’opportunità, anche per il vino bianco, di utilizzare la formula “Roero” senza la specificazione del vitigno. Non costituisce alcun obbligo per nessuno, ma risponde alla consapevolezza che il vitigno non è (e forse non è mai stato) un elemento difendibile. L’unica strada che vale la pena di percorrere è quella di lavorare in modo deciso per ribadire il legame stretto tra il vino e il territorio.

È questa una scelta che in altre zone (es. Gavi) ha dato frutti importanti. Le maggiori difficoltà del “caso Roero” potrebbero derivare dal fatto che esiste la doppia tipologia, un vino bianco e uno rosso, e questo potrebbe complicare la comunicazione specifica, anche se la specificazione di “bianco“ o “rosso” potrà essere riportata in etichetta.
In ogni caso, è una soluzione facoltativa, che potrà essere percorsa o meno dai vari produttori ed è probabile che lo sarà soprattutto in concomitanza con la nuova tipologia “Riserva”. È anche possibile che sia una soluzione più praticabile sui mercati esteri, dove già oggi spesso il termine “Roero” è identificato con il vino bianco. Meno facile, invece, sembra essere nella distribuzione italiana, dove l’appeal del nome “Arneis” resta tuttora notevole.

Gli ultimi dieci anni di attività per il Roero Arneis sono stati molto fecondi. E non solo perché è stato fondato il Consorzio per la Tutela del Roero e del Roero Arneis, che ha favorito una sorta di autonomia della zona e dei suoi vini rispetto al percorso fatto prima insieme agli altri vini del territorio albese. Quel passo, in fondo, è stato solo lo strumento per operare in modo più diretto sulle denominazioni di appartenenza.

Il lavoro più importante è sintetizzato da una serie di iniziative che, in vari settori, hanno messo al centro dell’attenzione i vini del Roero, adottando a loro favore interventi adeguati ed efficaci.

È il caso di “Roero Days” nel settore promozionale, che vede ogni anno un bel gruppo di produttori presentare i loro vini a operatori e appassionati in un’area strategica del territorio italiano.

Ma l’iniziativa decisamente più strategica è stata quella relativa all’adeguamento del Disciplinare di produzione alle esigenze attuali del settore produttivo, con un occhio al vino e alla sua identità e un altro al mercato.

Numerose sono le novità introdotte nel 2018, tutte ispirate a qualificare e rafforzare l’identità del vino come protagonista autorevole tra i grandi bianchi del mercato internazionale.

Grappolo di ArneisIl primo elemento nuovo è l’inserimento della tipologia Roero Arneis Riserva, dotata di un significativo periodo di maturazione e affinamento in azienda: una scelta dettata non solo per intercettare nuove domande di mercato, ma soprattutto per sottolineare un carattere che negli ultimi anni si è via via affermato tra i produttori, ovvero la capacità di resistere al tempo. Nella sostanza, questo ha smentito uno dei luoghi comuni più frequenti dell’identità di questo vino, cioè la scarsa capacità di resistere al tempo per la presenza di una struttura acida non troppo solida.

Negli ultimi tempi, numerosi produttori hanno iniziato a fare vini con una spiccata longevità e questa nuova tipologia vuole valorizzare proprio questi prodotti, in grado di disporre di un mercato molto interessante, soprattutto in una vocazione di export.

Non è strana questa particolare evoluzione del settore produttivo: si tratta, infatti, di un comparto piuttosto giovane, con vigneti che solo adesso stanno raggiungendo la vera maturità viticola, che sa mettere a disposizione della cantina uve ricche e complesse, capaci di dare origine a vini poliedrici, più complessi e completi, non solo di pronta beva.

Altro passo importante, soprattutto in prospettiva futura, può essere è l’opportunità, anche per il vino bianco, di utilizzare la formula “Roero” senza la specificazione del vitigno. Non costituisce alcun obbligo per nessuno, ma risponde alla consapevolezza che il vitigno non è (e forse non è mai stato) un elemento difendibile. L’unica strada che vale la pena di percorrere è quella di lavorare in modo deciso per ribadire il legame stretto tra il vino e il territorio.

È questa una scelta che in altre zone (es. Gavi) ha dato frutti importanti. Le maggiori difficoltà del “caso Roero” potrebbero derivare dal fatto che esiste la doppia tipologia, un vino bianco e uno rosso, e questo potrebbe complicare la comunicazione specifica, anche se la specificazione di “bianco“ o “rosso” potrà essere riportata in etichetta.
In ogni caso, è una soluzione facoltativa, che potrà essere percorsa o meno dai vari produttori ed è probabile che lo sarà soprattutto in concomitanza con la nuova tipologia “Riserva”. È anche possibile che sia una soluzione più praticabile sui mercati esteri, dove già oggi spesso il termine “Roero” è identificato con il vino bianco. Meno facile, invece, sembra essere nella distribuzione italiana, dove l’appeal del nome “Arneis” resta tuttora notevole.

Le Menzioni Geografiche Aggiuntive

Paesaggio del Roero in autunnoL’aspetto più strategico della nuova normativa è senza dubbio il riconoscimento delle Menzioni Geografiche Aggiuntive (MeGA), come era già avvenuto per altri vini Docg (Barbaresco, Barolo, Diano d’Alba e da ultimo anche Dogliani). Esse aiuteranno il settore a sottolineare l’importanza del vino nel contesto mondiale e daranno l’opportunità ai produttori di distinguere i propri vini con riferimenti più specifici alla loro origine. Oramai, la grande maggioranza delle cantine mette sul mercato almeno un paio di Roero Arneis, uno che potremmo definire di assemblaggio tra diverse vigne e l’altro caratterizzato invece dalla provenienza da un’area più specifica della zona di origine. Tra l’altro, il Roero Arneis è il primo vino bianco a denominazione di origine a delimitare e riconoscere le Menzioni e rappresenta anche la prima denominazione ad avere le Menzioni su una duplice tipologia.

Globalmente le Menzioni ufficialmente inserite nel Disciplinare sono 153: 18 sono quelle di tipo comunale, che utilizzano il nome del singolo paese (resta escluso il comune di Castellinaldo d’Alba che da tempo riserva il proprio nome alla Barbera d’Alba).

Le altre 135 sono invece riferite a parti di territorio più piccole del singolo paese (e quindi della zona) e rispondono al criterio della delimitazione geografica e ad alcuni altri parametri che fanno maggior riferimento alla vocazione qualitativa.

Le MeGA sono utilizzabili tanto sul vino bianco quanto sul rosso e, nel caso del Roero Arneis, sia sul vino senza ulteriore specificazione sia su quello caratterizzato dalla menzione “Riserva”.

Le principali regole produttive

Le novità finora esaminate hanno comportato anche alcune modificazioni delle regole di produzione. Tra queste merita una nota particolare il periodo di invecchiamento, che è articolato in base alla tipologia: il Roero Arneis con la sola Menzione Geografica deve rispettare un invecchiamento di almeno 4 mesi a partire dal 1° novembre dopo la vendemmia. Nel caso della tipologia Roero Arneis Riserva, con o senza Menzione, l’invecchiamento minimo è di 16 mesi, sempre calcolati dal 1° novembre dell’anno di raccolta delle uve.

La modificazione del disciplinare non ha determinato variazioni ad altri parametri come la base ampelografica che resta legata in modo pressoché esclusivo all’Arneis (minimo del 95%.

Anche la zona di origine è rimasta inalterata, essendo sempre costituita dall’intero territorio dei comuni di Canale, Corneliano d’Alba, Piobesi d’Alba, Vezza d’Alba e di parte di quello dei comuni di Baldissero d’Alba, Castagnito, Castellinaldo, Govone, Guarene, Magliano Alfieri, Montà, Montaldo Roero, Monteu Roero, Monticello d’Alba, Pocapaglia, Priocca, S. Vittoria d’Alba, S. Stefano Roero, Sommariva Perno.

Le norme per la viticoltura restano invariate e fissano la resa di uve a ettaro in 10.000 chilogrammi, con il rendimento massimo dell’uva in vino del 70%. Per quanto concerne le regole di vinificazione, le modifiche riguardano, come abbiamo già visto, la durata dell’invecchiamento. Non sono previste, invece, indicazioni sul tipo di contenitore di maturazione del vino. Le decisioni di scegliere legno, acciaio o altro ancora (es. anfore di terracotta) spettano al singolo produttore.

Non sono infine cambiate le regole per le caratteristiche dei vini al consumo e nemmeno per le norme di etichettatura e confezionamento.

Il contributo del vitigno

Calici di Roero Arneis

Storica varietà del Roero, l’Arneis ha avuto per lungo tempo una limitata base di cloni selezionati.

I primi quattro biotipi sono stati individuati con un lavoro di selezione condotto dall’Università di Torino con l’apporto del Prof. Franco Mannini. Correva l’anno 1987, gli impianti di Arneis erano ancora pochi e, addirittura, i primi cloni sono stati testati in un campo sperimentale realizzato per ragioni contingenti non già nel Roero, ma a Neive.

Tre di questi cloni sono stati omologati nello stesso 1987, il quarto è stato in un primo tempo accantonato e poi successivamente omologato nel 2014. In questo lasso di tempo, l’iniziativa privata ha posto parziale rimedio a questa limitata disponibilità clonale con i Vivai Cooperativi Rauscedo che hanno testato e omologato altri tre cloni. Così, il numero è salito a sette.

Nel periodo tra il 2010 e il 2017, la Facoltà di Agraria di Torino (sempre con l’intervento del Prof. Mannini) e la Vignaioli Piemontesi hanno avviato un nuovo progetto di selezione clonale, che aveva preso le mosse da una selezione massale di 94 tipi di piante di Arneis, selezionate come particolarmente idonee in varie parti del Roero.

Dopo numerose verifiche attitudinali, il numero dei biotipi in esame si è ridotto a 7, provenienti dagli areali di Santo Stefano Roero, Canale e Monteu Roero. La loro moltiplicazione preliminare ha portato alla realizzazione di un vigneto sperimentale a Montà, giunto oramai al settimo anno di impianto. In questo vigneto sono stati condotti e ripetuti numerosi rilievi agronomici ed enologici finalizzati a dimostrare la idoneità alla coltivazione di questi biotipi per la produzione di uve Arneis di alta qualità.

Probabilmente, non tutti i sette cloni saranno omologati. Tuttavia, anche con un numero più contenuto, potranno arricchire in modo significativo il materiale varietale del Roero Arneis, con due tipi di effetti positivi: da un lato salvaguardare la variabilità genetica della varietà e, dall’altro, aiutare la pianta ad affrontare nuove sfide agronomiche come quelle legate ai cambiamenti climatici, alla resistenza a certe malattie (oidio, peronospora e botrite) o alle condizioni di siccità particolarmente presenti nel Roero dove il terreno è tendenzialmente sciolto.

Il mercato e l’immagine

Dal 1989 ad oggi, il Roero Arneis ha seguito una costante tendenza di sviluppo. La Docg, con la prima vendemmia svolta nel 2005, ha portato nuovi stimoli di sviluppo e così la produzione di quell’anno è stata di 2.800.000 bottiglie. Produzione e mercato si sono ulteriormente sviluppati anche dopo il 2010. Nel 2014 (anno di fondazione del Consorzio del Roero) ha distribuito la produzione 2013 e il volume produttivo è salito a 4.300.000 bottiglie. Ulteriore crescita anche nel 2016 quando le bottiglie commercializzate di Roero Arneis sono salite oltre i 6 milioni di pezzi.

Dopo la piccola flessione (3% in meno) del 2017, a causa di un’annata siccitosa e di bassa fertilità, il 2018 ha segnato una nuova ripartenza. Gli imbottigliamenti realizzati nei primi mesi del 2019 logicamente di vino del 2018 proiettano la produzione dell’annata di nuovo verso valori importanti.

La gestione degli impianti con interventi del Consorzio e della Regione che filtrano le nuove istanze di iscrizione alla denominazione e quella delle produzioni annuali (negli anni passati sono state praticate riduzioni del 10 e del 5%) favoriscono la presenza di un settore in salute, pronto ad affrontare con le dimensioni adeguate le sfide dei mercati.

Anche la promozione ha dato i suoi frutti, sia quella istituzionale promossa dal Consorzio del Roero, sia quella sistematica e capillare svolta dai produttori.

Dal punto di vista del mercato, l’Italia resta lo spazio privilegiato, con un’incidenza che supera ancora il 50%. Anche l’export è in crescita e lo sta facendo in maniera uniforme un po’ dappertutto nel mondo dove si consuma vino bianco. I paesi europei restano i mercati più consolidati, se non altro perché è più tempo che il Roero Arneis li frequenta. Note di merito spettano a Svizzera, Germania, Benelux, Francia, Paesi Scandinavi e anche Russia. In grande crescita è il mercato degli Stati Uniti d’America. Per quanto concerne l’Asia, il mercato più consolidato è il Giappone, mente la Cina va a rilento, per varie ragioni, tra le quali la più importante sembra essere la netta predilezione che il popolo cinese riserva ai vini rossi.

Come immagine generale, il Roero Arneis appare come un vino di qualità, che ben rappresenta lo stile autoctono italiano. Potremmo identificarlo come un vino “premium”, con una fascia di prezzo buona, senza dubbio remunerativa per il produttore, ma che non spaventa il consumatore.

Il polmone verde delle Rocche del Roero

redmango.agency