Gastronomia Storie di cibo

Pane, vince il sapore antico

Tra i consumatori la domanda di un pane a qualunque titolo originale sta allargando la gamma dell’offerta e i panificatori si stanno facendo in quattro e anche di più per accontentarla.

Teresa E. Baccini Luglio 2019
Pane, vince il sapore antico

Gli Italiani chiedono “un pane nuovo dal sapore antico” che sarebbe un prodotto ben fatto, con un gusto deciso, che si mantiene a lungo e che quindi non si spreca.

Che il mondo del pane stia cambiando lo certificano anche i numeri. Al convegno “Il pane ieri oggi e domani” organizzato da AIBI (Associazione Italiana Bakery Ingredients) al Sigep di Rimini nello scorso gennaio si è parlato dell’evoluzione dell’arte bianca e delle tendenze di consumo per il futuro. Una ricerca Cerved ha rivelato che l’85% del pane consumato in Italia è fresco e artigianale. Secondo il presidente di AIBI Palmini Poli la sfida per i produttori di ingredienti da panificazione sarebbe “innovare mantenendo la tradizione”. Difficile non essere d’accordo. Dalla ricerca emergerebbe che il prodotto fresco artigianale ha rappresentato la bellezza di 1 milione 600 mila tonnellate nel 2018. Nel frattempo mantiene le posizioni il pane industriale, mentre è in deciso crollo quello congelato. Secondo Maria Maltese, curatrice della ricerca, gli Italiani chiedono “un pane nuovo dal sapore antico” che sarebbe un prodotto ben fatto, con un gusto deciso, che si mantiene a lungo e che quindi non si spreca – insomma è la rivincita della pagnotta –, meglio ancora se ecosostenibile. L’aumento di domanda di pane da farine speciali e multicereali, grani antichi, km 0, ecc. spiegherebbe la ripresa del pane artigianale. Il peso del cosiddetto “pane evoluto” – quello realizzato con ingredienti selezionati – cresce al ritmo dell’8-10% l’anno e oggi rappresenta il 22% della domanda di pane artigianale. Sembra che questo tipo di produzione a valore aggiunto oggi sia arrivato a coprire il 35% del fatturato di tutta la panificazione italiana e nelle panetterie che la ricerca definisce “d’avanguardia” rappresenti il 50% dei volumi. IL 70% del lavoro dei forni artigianali, quelli che oggi possono a buon diritto chiamarsi panifici (vedi box), riguarda ancora il pane, ma sono in crescita i settori pizza e focacce (+23%) e dolci (+6,2%) sull’anno scorso.

UN MOSAICO DI PANI

Lo studio di AIBI fa la radiografia di un settore che conta oltre 20 mila panetterie dei quali l’8% gestito da stranieri e questa presenza potrebbe aver inciso sulla diversificazione della proposta di pani diversi registrata negli ultimi anni. Diversificazione che ha probabilmente anche altre radici. Cambio generazionale e nuova organizzazione degli spazi di vendita stanno spingendo il segmento più vivace del comparto panificazione: sono i cosiddetti bakery bistrot, orribile neologismo che somma un termine inglese a uno francese per indicare locali di nuova generazione un po’ panetterie, un po’ pasticcerie/ caffetterie dove non solo si compra il pane, ma anche si consuma il classico “ammazza fame”, dal trancio di pizza alla fetta di torta. Non è un caso che, secondo la ricerca, oggi il 16% del pane venga consumato fuori casa. Infatti sembrano essere in particolare i cosiddetti Millenials, giovani di età compresa tra i 18 e 38 anni a gradire questo nuovo modello di panetteria. E sono proprio loro che amano confrontarsi con il nuovo panettiere, di solito più giovane, professionalmente preparato e in grado di rapportarsi con il cliente e le sue nuove abitudini di consumo, capace di valorizzare il proprio lavoro. Circa il 65% degli Italiani va a comprarlo quasi tutti i giorni secondo Assipan, l’Associazione Italiana Panificatori e Affini, dividendosi tra i due canali d’acquisto principali, forno e GDO, con una netta prevalenza del forno come luogo privilegiato. Vero è che i consumi giornalieri di pane si sono dimezzati negli ultimi 10 anni, attestandosi ad appena 80 grammi al giorno a persona. Ma il calo dei consumi non ha intaccato la svolta qualitativa dei consumatori presso i quali, secondo Coldiretti, cresce l’interesse per il pane biologico, di grani antichi e di quello a contenuti salutistici come quello con poco sale, integrale o a km 0. Insomma è in crescita il pane che offre valore aggiunto come quello artigianale. Ed è un fatto che i nuovi consumatori oltre alla qualità e la sicurezza alimentare oggi cerchino nel pane anche la territorialità. Nel panorama europeo il consumo di pane vede in testa alla classifica la Germania, seguita da Francia, Italia e Gran Bretagna. Ma resta l’Italia il paese della varietà dei pani che va riferita non alla variabilità delle ricette quanto al legame con la tradizione locale. Sono sei i pani italiani che possono vantare il riconoscimento dell’Unione Europea: il Pane Toscano Dop, il Pane casareccio di Genzano Igp, la Coppia Ferrarese Igp, il Pane di Matera Igp, il Pane di Altamura Dop, la Pagnotta del Dittaino Dop. Sono molti di più e sparsi in tutta Italia, ma soprattutto al nord, eccezion fatta per Roma, i pani prodotti dai panifici di ricerca nati negli ultimi anni – al sud prevale la tutela dei pani tradizionali – che stanno lavorando per farsi “una ragione del pane”: lievitazioni, complessi aromatici, filiere del grano e delle farine sono le loro frontiere.

IL FUTURO E’ GIA’ ADESSO

Cosa dobbiamo aspettarci da questa evoluzione dei gusti e dei comportamenti? Secondo Enrico Giacosa, panettiere artigiano di terza generazione ad Alba (CN) e presidente del Consorzio di Tutela Pan ed Langa, un pane che nasce da una filiera locale di vecchi grani coltivati e moliti solo per i soci, questi cambiamenti “spingono la gente verso scelte più consapevoli, più mirate a scegliere un prodotto per il suo valore, non tanto perché un pane in tavola ci vuole”. Se gli chiedo cosa cambia nel suo modo di fare il pane e di comprare le farine risponde: “Fondamentalmente niente, nel senso che la filosofia di base per me è sempre quella: la ricerca delle migliori materie prime, dei migliori ingredienti, delle migliori tecniche per trasformarle. Dopodiché ti dico che è cambiato tutto. Sicuramente il mondo del pane è in fermento, lo vedi anche dalla televisione. Mi vengono in mente almeno due o tre trasmissioni dedicate, se non proprio al pane, al mondo della lievitazione, dei prodotti da forno. Una cosa un po’ impensabile fino a qualche anno fa. Il pane era sempre il fanalino di coda della cucina, della gastronomia in generale. Però, appunto, sono venute fuori molte più farine e cereali che si possono lavorare e panificare”. Ma non è solo una questione di disponibilità del mercato… “C’è la disponibilità della gente a provare, la facilità con cui riesco a proporlo. Qualche tempo fa, quando ero ancora ragazzo e iniziavo a lavorare, facevo i miei esperimenti con la pasta madre, con cereali alternativi o integrali, era facile trovare risposte del tipo: ne ho mangiato troppo durante la guerra! Era il famoso pane nero. E non volevano proprio avvicinarsi. Invece adesso è il pane che va di più e la gente è ben disposta a provare i diversi tipi di farine, i diversi tipi di cereali, integrali, semi integrali, miscugli di farine. E anche se non è il pane dominante, a volte la gente è proprio curiosa, gli piace venire a comprare il pane per sapere qual è il pane nuovo, l’esperimento della giornata. Oppure il pane di stagione, quello con gli infusi di fiori, il pane con la curcuma, quello con la zucca”. Enrico Giacosa è convinto che non c’entra solo la moda. “Questi nuovi pani hanno incentivato il consumo nelle persone più attente. Logicamente parlo del fenomeno di vertice, della punta. Il fenomeno è quello delle persone informate cui piace scegliere una cosa e non fanno una scelta banale. Nel senso che quello che prendono lo consumano tutto, lo consumano per più giorni, lo consumano magari abbinato ai cibi giusti, insomma lo mangiano meglio. Sicuramente questo è il futuro. Ci saranno sempre più persone che vorranno informarsi, fare scelte consapevoli. Molta gente seguirà queste scelte per moda, però ci sarà una tendenza di questo tipo”. E aggiunge: “Quello su cui bisognerà lavorare è il mondo della ristorazione, il mondo dell’altra cucina, su quelli che poi fanno le tendenze di domani, che presentano la nostra cucina a livello internazionale, che vengono cercati dagli stranieri che vengono qui e vogliono conoscere la nostra cultura gastronomica”. Perché è chiaro, ormai il pane nella gastronomia ci entra a pieno titolo. Ma questa è un’altra storia.

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