Langhe Doc, un’attrazione totale

Langhe è un nome ricco di storia, fascino e sostanza. Nel vino, poi, è una delle denominazioni più dinamiche e coinvolgenti, sia in ambito produttivo, sia sui mercati, italiano ed esteri…

Giancarlo Montaldo Luglio 2023
Langhe Doc, un’attrazione totale

Langhe è un nome ricco di storia, fascino e sostanza. Nel vino, poi, è una delle denominazioni più dinamiche e coinvolgenti, sia in ambito produttivo, sia sui mercati, italiano ed esteri. La zona di origine si estende su 94 comuni tra Albese, Doglianese e Monregalese: di essi, 74 sono alla destra del Tanaro e 20 alla sua sinistra

Pochi ricordano che la prima delimitazione ufficiale del territorio “Langhe” è stata realizzata nel 1982, grazie al lavoro della Camera di Commercio di Cuneo e dell’Associazione Consorzi Barolo, Barbaresco e Vini d’Alba. La Gazzetta Ufficiale del 2 gennaio 1982 pubblicava il Parere favorevole del Comitato Nazionale per la Tutela delle Denominazioni di Origine dei vini per la delimitazione della zona di produzione dei vini “Langhe” a Indicazione Geografica.
La delimitazione definitiva si sarebbe poi realizzata il 25 settembre 1987 grazie al Decreto del Ministero per l’Agricoltura che definiva i territori comunali dove si potevano produrre i Vini da Tavola a Indicazione Geografica con il riferimento “Langhe”.
Prima allora, non c’era mai stata la necessità di delimitare ufficialmente tale zona. Al massimo c’era stata una buona letteratura che aveva dato indicazioni e fatto qualche ipotesi.
Al riguardo è interessante citare il libro di Ferdinando Vignolo Lutati pubblicato nel 1929 con il titolo “Le Langhe e la loro vegetazione”. Nel primo capitolo “Considerazioni storico-geografiche” Vignolo Lutati propone la sua delimitazione delle Langhe. “…Però, ben spesso, nel concetto degli attuali abitanti si considera come vera Langa solo il territorio compreso entro questi limiti: Tanaro ad Ovest, Bormida di Millesimo ad Est, l’Appennino Piemontese a Sud e le colline poco sopra Alba, fra Castagnole Lanze e S. Stefano Belbo a Nord”.

In sostanza, quindi, le Langhe o la Langa venivano genericamente individuate nelle colline situate in provincia di Cuneo tra Mondovì e Alba alla destra del Tanaro.
Il bisogno di una delimitazione ufficiale era scaturito dall’istituzione, nel 1977, dei Vini da Tavola a Indicazione Geografica. Infatti, su questo territorio, il termine “Langhe” era parso il più coerente anche in rapporto ai vini Doc già riconosciuti. Ma per farne tale uso, la norma richiedeva che il riferimento fosse reale e documentabile. Ecco, quindi, la necessità di procedere a una delimitazione ufficiale delle Langhe.
Come abbiamo detto in premessa, la delimitazione degli anni Ottanta – poi recepita dal disciplinare della Doc Langhe il 22 novembre 1994 – faceva riferimento a 94 comuni, dei quali 74 alla destra del Tanaro e 20 alla sua sinistra.
Ecco la grande novità: con questo atto ufficiale le Langhe del vino includevano per la prima volta anche il territorio posto alla sinistra Tanaro, conosciuto come Roero. Un falso storico, ma suffragato dall’opportunità di sviluppare una strategia comune almeno nella produzione dei vini posti alla base della piramide qualitativa in questa zona.

Elementi territoriali comuni
Seppure il territorio alla destra del Tanaro e quello alla sua sinistra manifestino le loro differenze, sono parecchi i fattori comuni, a cominciare dall’origine geologica, per entrambi risalente all’Era Terziaria, con queste colline emerse dal Mare Padano tra 65 e 1,8 milioni di anni fa.
In tale dimensione si fanno strada anche delle diversità: le terre alla destra Tanaro sono più antiche con l’emersione dal mare tra 65 e 5,3 milioni di anni fa. A sinistra del Tanaro, il Roero è più giovane (tra 5,3 e 1,8 milioni di anni fa).
Questa origine geologica influenza i caratteri dei suoli e le tipologie dei vini. Se alla destra del fiume si trovano terreni più compatti e solidi, in genere marne bianche, grigie o bluastre, alla sinistra i suoli sono più morbidi e forse anche più accoglienti per l’apparato radicale della vite. Qui restano, ma in modo più limitato, il calcare e l’argilla, mentre sono più frequenti le arenarie, quelle “sabbie astiane” presenti nel vicino Monferrato. A parità di condizioni produttive, la Langa regala vini di maggiore ampiezza e corposità, anche più longevi. Nel Roero, i vini trovano più rapidamente l’armonia, sono eleganti e coinvolgenti.
Altro elemento comune tra destra e sinistra Tanaro è rappresentato dai vitigni presenti su entrambi i versanti: Barbera e Nebbiolo tra quelle a frutto nero e Favorita tra quelle a bacca bianca. Senza scordare che negli ultimi anni anche l’Arneis ha varcato il fiume, insediandosi in una quindicina di paesi alla destra del Tanaro.
Poi, c’è la dimensione climatica, praticamente comune all’intero Piemonte: le Langhe sono influenzate da un clima continentale, con inverni freddi, primavere umide, estati calde e, spesso, secche e autunni incostanti. A parte gli ultimissimi anni, la piovosità media porta 750-900 mm di acqua all’anno.
Dagli anni Novanta del Novecento anche queste colline sono state interessate da un significativo aumento delle temperature e dalla presenza di fenomeno atmosferici sempre più aggressivi. L’incremento termico, in particolare, ha influenzato positivamente la qualità delle annate, aumentando la gradazione alcolica e la struttura dei vini. Il numero delle vendemmie di qualità è cresciuto, passando dalle 3-4 su dieci anni del Novecento alle 7-8 di quest’ultima fase.

Il meccanismo produttivo della Doc Langhe
La Doc Langhe era stata concepita soprattutto in relazione alla gestione qualitativa delle produzioni legate al vitigno Nebbiolo, per potenziare il tono qualitativo dei vini di primo livello (Barbaresco, Barolo, ecc.). Tuttavia, approfondendo l’organizzazione del progetto, ci si rendeva conto che sarebbe stato riduttivo limitare il nuovo meccanismo e l’uso del nome “Langhe” al solo segmento del Nebbiolo. Perciò, la “strategia Langhe” è passata da un’ipotesi iniziale “monovarietale” a una più ampia e di tipo territoriale.
La nuova denominazione ha progettato così una duplice funzione: da un lato, è divenuta il collettore delle scelte, vendemmiali e di cantina, dei vini di primo livello, Barolo e Barbaresco in primis; dall’altro, è diventata la “casella” di qualificazione per i vini che non disponevano ancora di una denominazione (es. Freisa e Favorita).
Il percorso stesso della denominazione è stato un vero e proprio crescendo di tipologie, di interesse produttivo e di appeal da parte dei mercati.
All’atto del riconoscimento (22 novembre 1994), il disciplinare contemplava due tipologie “di colore” (Langhe bianco e Langhe rosso) e l’abbinamento con sei vitigni del territorio. Tre di essi determinavano tipologie “di ricaduta” (Nebbiolo, Dolcetto e Arneis) e tre (Freisa, Favorita e Chardonnay) altrettante tipologie equivalenti a Doc di primo livello.
Nel 2010 la revisione del disciplinare della Doc Langhe ha portato a un importante aumento delle sue tipologie. Ai due vini senza riferimento di vitigno (Bianco e Rosso), si è aggiunto il Rosato. Per i primi due la base ampelografica è costituita da uno o più vitigni a bacca di colore analogo non aromatici, idonei alla coltivazione nella Regione Piemonte. Per il Langhe Rosato i vitigni utilizzabili sono Barbera o Dolcetto o Nebbiolo per almeno il 60% del totale.
Inoltre sono state ampliate le tipologie di abbinamento con un vitigno, aggiungendo Barbera, Cabernet sauvignon, Merlot, Nascetta, Pinot Nero, Riesling, Rossese bianco e Sauvignon. Anche in questi casi, le varietà di riferimento devono costituire almeno l’85% della base ampelografica. È stata riconosciuta anche la tipologia Langhe Nas-cëtta del comune di Novello, un “vino di sottozona” con una sua specifica regolamentazione.
Nel contempo, sono state varate altre novità: il “Langhe Rosso” è diventato anche Passito, ma deve essere ottenuto da Barbera o Dolcetto o Nebbiolo almeno per l’85%; anche il “Langhe Bianco” può essere Passito, in questo caso con Arneis o Chardonnay o Nascetta o Riesling almeno per il 60%. Il Langhe Freisa può essere Frizzante, il Langhe Dolcetto Novello e il Langhe Arneis Passito.

Le zone di origine e altre regole
Nel delimitare la zona di origine delle uve, si è generato un confronto serrato con il Roero relativamente alla tipologia ”Arneis”. La maggioranza dei produttori della Sinistra Tanaro avrebbero voluto tenere l’Arneis esclusivamente sulle proprie colline. Nel frattempo, però, tale varietà era stata piantata anche in alcuni paesi in destra Tanaro. E così, non potendo negare a questi paesi il riferimento “Arneis” nella Doc Langhe, è stato raggiunto il compromesso di una zona di origine per il Langhe Arneis fatta di 31 paesi, 19 a sinistra e 12 a destra del Tanaro.
Assai più ampia è la zona di origine delle altre tipologie: in tutto da 94 paesi, 74 in destra Tanaro e 20 alla sinistra del fiume. Questi ultimi sono tutti i paesi del Roero Docg con l’aggiunta di Bra.
I rendimenti massimi a ettaro oscillano tra 9.000 e 11.000 chilogrammi di uva, con la possibilità per alcune tipologie di vitigno (Cabernet sauvignon, Chardonnay, Favorita, Freisa, Merlot, Nascetta, Pinot nero, Riesling, Rossese bianco e Sauvignon) di utilizzare anche il riferimento alla “Vigna” accompagnata da toponimo, ma con la resa massima a ettaro di 8.000 chilogrammi di uva.
La resa massima dell’uva in vino è fissata nel 70%, eccetto i passiti (Bianco, Rosso e Arneis) per i quali è del 30%.
Nella designazione dei vini “Langhe”, con l’esclusione della tipologia frizzante, è obbligatorio indicare l’annata di produzione delle uve.

Il potenziale viticolo e i volumi imbottigliati
Per dare un’esauriente visione economica di questa denominazione pubblichiamo due tabelle: la prima delinea il potenziale viticolo della Doc Langhe nel 2017 e nel 2022. La seconda analizza i volumi imbottigliati, tipologia per tipologia, negli stessi anni.
Cominciamo con il potenziale viticolo.


Nel 2022, gli ettari vitati legati a questa denominazione sono 2.532,67, crescendo di oltre 744 rispetto a quelli del 2017 (1.791, 42). Naturalmente, ci sono situazioni differenti tra le tipologie.
Al primo posto resta il Langhe Nebbiolo, che ha più che doppiato il dato del 2017 raggiungendo i 1.022,19 ettari, in pratica il 40,35% del dato globale. La performance del Langhe Nebbiolo ha ulteriormente staccato la seconda tipologia, il Langhe Chardonnay, che nel 2022 ha accumulato 362,29 ettari, in pratica 30 in più del 2017.
Potenziali viticoli significativi presentano anche il Langhe Arneis (271), il Langhe Rosso (146), il Langhe Favorita (172), il Langhe Pinot nero (116) e il Langhe Bianco (110). Tra i vitigni internazionali va segnalata la bella crescita del Sauvignon (61 ettari).
I vitigni che hanno ottenuto i maggiori aumenti tra il 2017 e il 2022 sono – oltre a Nebbiolo e Arneis – il Pinot nero, il Riesling e la Nascetta.
E veniamo ai volumi imbottigliati .


La Doc Langhe è una denominazione di “ricaduta” e perciò può utilizzare anche vigneti di pertinenza di vini a Doc e Docg di livello superiore. Emblematico è il caso del Langhe Nebbiolo, che può utilizzare in scelta vendemmiale le uve o in scelta di cantina i vini legati a Barolo, Barbaresco, Roero e Nebbiolo d’Alba. Anche il Langhe Dolcetto può attingere dai vini di livello superiore legati al Dolcetto (Dolcetto d’Alba, Diano d’Alba e Dogliani).
In base a questi meccanismi, è facile che i volumi imbottigliati nell’anno solare siano maggiori rispetto a quelli che si potrebbero ottenere con i soli vigneti appartenenti alle varie tipologie.
Globalmente, il volume imbottigliato della Doc Langhe è stato nel 2022 di 21.622,000 bottiglie, ovvero 5.078.000 pezzi in più del 2017 (16.544.000).
Altrettanto significativi sono i dati riferiti ad alcune tipologie: al primo posto si piazza – manco a dirlo – il Langhe Nebbiolo (9.618.500.000 bottiglie), seguito da Langhe Rosso (3.215.600), Langhe Arneis (3.1115.350), Langhe Chardonnay (1.207.700), Langhe Dolcetto (1.131.650), Langhe Favorita (1.063.950) e Langhe Bianco (856.150).
Le restanti tipologie hanno realizzato 1.413.100 bottiglie, dato globale comunque superiore a quello del 2017 (903.000 pezzi).
Esaminando questi dati ci si può chiedere da quali vini di livello superiore derivino le produzioni di completamento per i volumi imbottigliati e commercializzati. Tali “passaggi” di denominazione possono avvenire per declassamento o per riclassificazione.
A tale quesito possiamo dare una risposta, relativamente all’anno solare 2022, grazie alla sinergia del Consorzio Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani.
Cominciamo dal Langhe Nebbiolo: i passaggi maggiori di vino giungono dal Nebbiolo d’Alba (1.997.467 bottiglie), dal Barbaresco (420.400 bottiglie), dal Roero (161.067 bottiglie) e dal Barolo (149.067 pezzi).
Il Langhe Rosso recupera bottiglie da Dogliani (758.933), Dolcetto d’Alba (371.600), Barbera d’Alba (291.333), Nebbiolo d’Alba (152.933), Diano d’Alba (108.400), Barolo (56.533) e Barbaresco (38.800).
Il Langhe Arneis ottiene vino da Roero Arneis per 460.266 bottiglie.
Da ultimo, il Langhe Dolcetto. In questo caso gli afflussi di vino provengono da Dogliani (549.333 bottiglie), Dolcetto d’Alba (117.800) e Diano d’Alba (80.333).

Novità in dirittura di arrivo
Dopo alcuni anni di confronti e valutazioni tecniche e strategiche, sono in dirittura di arrivo alcune correzioni al disciplinare della Doc Langhe.
Con il supporto del Consorzio Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani, il settore sta per varare alcuni inserimenti di vitigno (Albarossa e Moscato nella tipologia “Secco”), una migliore declinazione del Langhe Doc Nebbiolo, con l’aggiunta sia della tipologia “Superiore” (con il 100% di Nebbiolo e con 14 mesi di maturazione di cui 6 in legno) sia della tipologia “Spumante” (solo con il Metodo Classico).
Tra le altre novità citiamo anche la cancellazione della prescrizione della “bacca di color analogo non aromatici” dei vitigni per le tipologie “Langhe Rosso” e “Langhe Bianco”. Un’idea interessante, che potrebbe garantire ai produttori maggiori libertà interpretative di queste tipologie fino anche alla definizione di uvaggi o assemblaggi tra vitigni a bacca nera e bianca, suggeriti dal cambiamento climatico per progettare vini di minore struttura e più basso tenore alcolico.
Le modificazioni prevedono anche piccole correzioni di resa a ettaro e di gradazione alcolica su singole tipologie, oltre alla possibilità di definire il Langhe Rosato anche Rosé.

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Il patriarca dell’Arneis in Langa
Vorremmo ricordare la figura di Italo Stupino a poche settimane dalla sua scomparsa. È stato il “patriarca” dell’Arneis in Langa. Non si è accontentato di acquistare le uve di questo vitigno da viticoltori del Roero e portarle a Neive, nel suo Castello, per vinificarle e ottenerne vino per la sua clientela.
Memore della necessità di affrontare i problemi viticoli ed enologici con un approccio scientifico, negli anni Settanta si è rivolto alla Facoltà di Agraria dell’Università di Torino per valutare la varietà dell’Arneis e crearne un protocollo di coltivazione in vigna e vinificazione in cantina.
Con il supporto dell’Università di Torino, del CNR e dell’Università di Bologna è stato varato il “progetto Arneis”, che prevedeva dapprima un lavoro di osservazione e verifica comportamentale delle viti che alcuni viticoltori del Roero dichiaravano essere Arneis. Il legno di 23 possibili cloni è stato poi innestato sui portainnesti più diffusi in quel periodo e nel 1977 è stata realizzata la vigna sperimentale nella Cascina Montebertotto, a Neive.
Dopo alcuni anni, da questa sperimentazione sono scaturiti i 3 cloni (CVT 15, CVT 19 e CVT 32) che sono stati registrati e, poco per volta, sono diventati il riferimento di molti nuovi impianti di Arneis, sia in Destra che in Sinistra Tanaro.

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