La vinaccia va… di moda

Dell’uva non si butta più via nulla

Emanuela Rosio, Maurizio Bongioanni e Roberto Cavallo Dicembre 2018
La vinaccia va… di moda

“Come abbiamo avuto modo di spiegare nel precedente numero di Barolo & Co., dal 2010 gli scarti della vinificazione non sono più considerati rifiuti ma sottoprodotti. Una distinzione questa che dà la possibilità a un loro recupero totale e diversificato. Insomma, dell’uva non si butta più via nulla e nel caso specifico delle vinacce, cioè ciò che resta dell’acino d’uva una volta eliminata la polpa, il sottoprodotto può diventare importante almeno quanto il prodotto”

Grazie al decreto 18/12/2008 del capo dipartimento delle politiche europee e internazionali del MIPAAF, le fecce e le vinacce non consegnate ai distillatori per la produzione di alcol possono essere riutilizzate per fini energetici o come fertilizzante compattato. Dunque le vinacce possono diventare compost oppure essere reimpiegate sotto forma di biomassa – e quindi produrre energia tramite il conferimento a un impianto di biogas. Ma non solo: possono essere sfruttare nella cosmesi o per usi farmaceutici e, previa estrazione di enocianina, possono trasformarsi in componente alimentare destinato al consumo umano o animale. Ricapitolando: il riutilizzo delle vinacce tocca i settori agricolo, energetico, alimentare e farmaceutico. E oggigiorno, grazie allo sviluppo delle tecnologie, esiste un settore ulteriore interessato dalle vinacce. Quel settore è la moda e dalle vinacce, grazie alla lavorazione dei tannini, si possono ottenere tessuti.

L’inquinamento da fibre sintetiche

Che il tannino venga impiegato nella produzione di vestiti non è una novità, anzi. Nell’industria conciaria, infatti, le pelli vengono trattate in modo da pulirle e ammorbidirle. Si rasa il pelo, dopo di ché la pelle viene sgrassata, tirata e infine appesa. Dopo queste operazioni preparatorie, si passa alla concia delle pelli vera e propria: attraverso questa fase la pelle diventa cuoio, diventando più resistente. La concia al vegetale o al tannino, è il metodo più antico: il tannino è contenuto in molti vegetali e le piante più usate sono il castagno, la quercia e la mimosa. In questo caso le pelli vengono lasciate a bagno in vasche che contengono una concentrazione di tannino.
Con l’avvento dell’industrializzazione le fibre sintetiche hanno per lo più sostituito le fibre naturali, soprattutto per ragioni economiche: le fibre sintetiche sono assai più economiche rispetto a quelle naturali. Ma oggi che i nuovi studi ci riportano la drammatica verità di come stiamo mangiando e bevendo plastica e che ad ogni lavaggio migliaia di fibre sintetiche finiscono negli scarichi delle nostre abitazioni e di lì, non trattenute dagli impianti di depurazione perché troppo piccole, in fiumi e mari, le vinacce possono rappresentare una nuova salvezza: diventare direttamente tessuti per borse e vestiti.

Lo stilista e la startup green

È nel 2016 che compare per la prima volta il marchio Vegea: grazie a un’intuizione dello stilista Tiziano Guardini e grazie all’incubatore di startup green Progetto Manifatture di Rovereto (Tn), è stata realizzata la prima collezione di abiti e accessori con materiale “biobased” di vinacce. Per “biobased” si intendono gli indumenti fatti in tessuto a base vegetale, più ecosostenibili e, com’è evidente nel caso delle vinacce, più circolari.
Nel processo produttivo di Vegea, questi derivati di natura organica sono trasformati in un biomateriale dall’alto valore aggiunto, con un rapporto molto semplice: da ogni 10 di litri di vino prodotti si ricavano 2,5 kg di vinaccia, con i quali si può produrre 1 metro quadrato di Vegea. In attesa di trovarlo sul mercato, l’abbigliamento di Guardini è stato promosso dal Parlamento europeo in occasione dell’evento “Europe’s top 50 innovators” e, dopo la vittoria del Global Chance Award di H&M, è sbarcato al Victoria & Albert Museum di Londra. Inoltre dal 1° Marzo 2018 Vegea ha superato le selezioni per accedere ai finanziamenti europei stanziati dal programma HORIZON 2020 ed è stato promosso dal Ministero degli Affari Esteri come eccellenza italiana.

Non solo moda

Oggi non c’è convegno su economia circolare, pubblicazione sulla moda sostenibile, green carpet o confronto di circular design dove non si parli di Vegea. Il biotessuto, chiamato Vegeatextile, ha il merito di aprire una riflessione sui materiali impiegati nel settore moda e sulle materie prime che indossiamo ogni giorno. Ma Vegea non si è limitato alla moda, trasferendo la sua esperienza ingegneristica in altri settori e attirando l’interesse di diverse industrie.
«Siamo fieri che l’interesse internazionale intorno a Vegea stia crescendo in maniera esponenziale» ha spiegato Gianpiero Tessitore, proprietario di Vegea. «In modo particolare, importanti gruppi industriali ci stanno mostrando tutta la loro attenzione e la volontà di collaborare per inserire nelle loro produzioni modelli di economia circolare come il nostro. L’attività di ricerca aziendale è infatti focalizzata sullo sviluppo di know-how, di conoscenze per il miglioramento del sistema di gestione delle biomasse di scarto delle aziende dell’agroindustria, ingegnerizzando tecnologie che ne consentano il recupero rispetto allo smaltimento, attraverso la creazione di matrici polimeriche per applicazioni nei più svariati settori: moda, arredo, auto & trasporti, food pack, beverage».
Insomma, una storia circolare tira l’altra…

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