Prendiamo spunto dal convegno che l’AREV, l’Associazione delle Regioni Europee Vitivinicole Europee, ha tenuto al Castello di Grinzane il 26 febbraio scorso per fare alcune riflessioni sul tema dei cambiamenti climatici e sulla necessità di trovare valide contromisure, che dovrebbero interessare particolarmente i produttori.
L’aumento delle sommatorie termiche e la manifestazione spesso eclatante degli eventi atmosferici impongono al mondo della vitivinicoltura – e non solo a esso per la verità – una serie di riflessioni per mettere in campo gli adattamenti utili al mantenimento delle attuali qualità e tipologie dei vini.
Come prima riflessione crediamo sia importante che il settore produttivo reagisca compatto e senza atteggiamenti isterici. La situazione non è così drammatica e c’è tempo per rimediare, ma i segnali di oggi vanno colti con attenzione.
Secondo. Non ci sono rimedi miracolosi per affrontare e risolvere i possibili problemi: al centro dell’attenzione dovrà tornare il modo di coltivare ovvero quelle pratiche agronomiche finalizzate ad esempio a una meticolosa gestione dell’acqua disponibile, al controllo dell’effetto fertilizzante dell’anidride carbonica e a un diverso rapporto con il suolo e, in particolare, con la sua componente organica, passata negli ultimi decenni dal 2% a una percentuale inferiore a 1 e considerata limite.
Terza considerazione: un ruolo essenziale in questi casi dovrà avere la ricerca. Senza un attento lavoro di valutazione del comportamento delle piante nelle nuove condizioni ambientali e di verifica critica delle soluzioni possibili non ci sarà un gran futuro per la vitivinicoltura. Ma con una raccomandazione: che la ricerca vada a vantaggio di tutti i produttori e non sia il risultato esclusivo di pochi centri di potere intenzionati a ottenere da questa attività una rendita di posizione a tempo indeterminato.
Continua, a livello redazionale, il grande lavoro di Barolo & Co. per informare e formare i suoi lettori, proseguendo l’attività di approfondimento sui temi della vite, del vino, dell’agroalimentare, del turismo rurale e della cultura, iniziata trentaquattro anni fa.
In questo numero, raccontiamo il Barolo e il Barolo Chinato tra storia e attualità, i caratteri allegri e unici della Freisa di Chieri e la ricchezza enologica e ambientale del Soave. L’invito al turismo tra cibo e vino ci porta tra le contrade di Nizza Marittima che profuma di ricordi piemontesi e sulle colline della Barbera tra Nizza Monferrato e Agliano. Tra i territori del mito stavolta è Cannubi a proporre tutti i suoi caratteri. Le storie del cibo fanno riferimento al Gorgonzola, al mais dalle origini centroamericane, al carciofo e all’olio extravergine del Montiferru in Sardegna.
La rubrica “Amori possibili” incomincia con Vincenzo Reda un cammino nelle varie cucine del mondo per cercare i possibili abbinamenti fusion con i vini piemontesi. Partenza dal Perù.
Recuperiamo le testimonianze culturali e storiche di Pietro De’ Crescenzi e di Giulietta Colbert Falletti accompagnate dal racconto del mulino come luogo di antica socializzazione nel mondo agricolo. La poesia enoica stavolta fa tappa nel Medioevo. Continuiamo a guardare con interesse alla ristorazione e ai locali del vino con le rubriche “Fornelli d’Italia” e “Il vino al banco”.
Mercati, salvaguardia dell’ambiente, erbe, etichette, personaggi e strategie sono altri contributi a favore della conoscenza e dell’informazione.
Affinché il vino e il cibo di qualità e origine sicura siano sempre nei nostri pensieri.