Guido Castagna, passione cioccolato

“Ogni tanto scopro cacao mai visti, poche piante, delle vere chicche”

Rosalba Graglia Marzo 2017
Guido Castagna, passione cioccolato

Guido Castagna, ovvero la passione per il cioccolato.

Cominciata dopo la scuola di arte bianca e dopo un periodo passato a fare il pasticcere a tutto tondo.

Doveva essere la sua strada – a fine ’94 aveva pure aperto un bar pasticceria – ma venne folgorato dal Cibo degli Dei e non è più tornato indietro. Tutto comincia a Giaveno, con un laboratorio aperto nel 2002 che ha subito successo. E così arriva la bella bottega-salotto di via Maria Vittoria, la strada torinese degli antiquari: proprio in un’ex bottega di antiquario, con un delizioso balconcino d’antan all’ammezzato e il rigore contemporaneo del look interno a fare da contrasto. Poi il nuovo negozio di Giaveno, ma soprattutto arrivano riconoscimenti prestigiosi e internazionali: citiamo solo l’ultimo in ordine di tempo, i Chocolate Awards 2016-2017 che lo hanno visto di nuovo vincitore di 4 ori e 3 argenti. Ormai Guido è una star – lui non vorrebbe mai essere citato così, ma tant’è – e in tv alla Prova del Cuoco ormai è il divo della pasticceria e del cioccolato da anni, sempre amatissimo. Perché è bravo e creativo ma è anche “uno che non se la tira”, e piace per questo.

Cosa piace così tanto dei tuoi prodotti?
“Sono molto contento che anche quest’anno il mio lavoro sia stato apprezzato in una competizione internazionale e prestigiosa. Quello che piace soprattutto è il classico gianduiotto insieme alla crema da spalmare +55. Sono anche i prodotti che esprimono di più il mio percorso di tradizione e ricerca.”

Ricerca, appunto. Il tuo modo di lavorare è “from beans to bar”, tu sei uno dei pochi che iniziano dalle fave del cacao.
Dove lo ricerchi, come lo lavori?
“Una premessa: io non sono un figlio d’arte, ho cominciato da zero, per passione. Inizialmente, come tutti, compravo la massa di cacao e la lavoravo nel mio laboratorio. Poi è venuto il desiderio di andare a vedere dove nasceva quel cacao, come veniva prodotto. Un’esigenza nata dalla sensibilizzazione avviata da Slow Food, da associazioni che operano sul territorio. Io collaboro con l’IILA, l’Istituto Italo-Latino-Americano, fondato a Roma e attivo nel campo della cultura, della scienza e della cooperazione allo sviluppo. Così sono stato in Guatemala, Salvador, Equador a vedere la vita vera dei campesinhos. La cosa più stimolante è stato far vedere come sia diverso il risultato a seconda della fermentazione del cacao, come lo stesso prodotto cambi di qualità se lavorato come si deve. Io le chiamo vacanze-studio: ci si arricchisce reciprocamente, produttori e cioccolatieri. Dal punto di vista professionale e umano. Ogni tanto scopro cacao mai visti, poche piante, delle vere chicche.”

Questo ti ha portato a nuove scelte? Hai pronta qualche novità?
“Ho avviato tutto un discorso sul cioccolato raw, per esempio, lavorato con il mio ‘metodo naturale’ per mantenere il più possibile l’aroma originale dei cacao che ricerco nel mondo, dal Madagascar al Venezuela. E sto per uscire con un cioccolato Honduras 24 mesi, con cui preparo tavolette e pure uova di Pasqua 2017.”

24 mesi? Un cioccolato invecchiato come un vino?
“Beh sì, oggi si può parlare di cioccolato invecchiato proprio come un vino, lentamente, lasciando fare al tempo. Con risultati davvero sorprendenti.”

Visto che si parla di vino, qual è il vino che consigli con il cioccolato?
“Mi è capitato di sperimentare degli abbinamenti interessanti con il Barolo. Abbiamo provato con tre diversi Barolo. Uno giovane, perfetto con il mio piccolo gianduiotto, il giunot. Uno mediamente invecchiato, abbinato alle mie scorzette d’arancia al cioccolato, per esaltare i toni agrumati del vino, e uno più intenso per il quale ho proposto le fave di cacao, due “estremi” che stanno bene insieme. In genere una gradazione alcolica alta aiuta l’abbinamento con il cioccolato, e personalmente preferisco il Barolo al Barolo Chinato. Poi naturalmente sono ideali il Porto, i Banyuls…A me piace molto il cioccolato con l’Amarone, che ha quel finale morbido, rotondo.”

E con il Vermouth? La domanda ci riporta nel cuore dell’evento di Palazzo Birago dove incontro Castagna, e merita un po’ di approfondimento in più. Già perché Castagna presenta qui il Vermouth al cacao. Vermouth al cacao? Davvero?
“Premessa: io sono un tipo curioso e amo le contaminazioni. Ho incontrato i produttori del Vermouth Anselmo e Giustino Ballato e ne abbiamo parlato. Così è nata l’idea di far macerare le fave di cacao nel Vermouth Riserva, insieme alle spezie e alle erbe. E adesso sto sperimentando anche delle praline al Vermouth.”

E il vermouth al cioccolato, come lo avete chiamato?
“’l Türinèis”.
Poi dicono che la tradizione è morta.

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