Pungente e aromatico, il profumo del timo evoca assolati e impervi sentieri affacciati sul mare come fresche e balsamiche passeggiate alle pendici delle Alpi, ed in effetti è una pianta aromatica perenne diffusa in tutta l’area mediterranea, molto resistente anche in condizioni avverse che ama terreni pietrosi, calcarei, ma ben esposti al sole, facile da coltivare nei nostri giardini e angoli verdi, in grado di regalarci rametti profumati tutto l’anno.
Timo e timo serpillo
Esistono molte varietà di timo, ma le più comuni sono il “thymus vulgaris” e il “thymus serpillum” che si differenziano per il loro portamento e il colore delle foglioline: il timo volgare è un cespuglio alto circa trenta centimetri con una fioritura tendente al lilla, mentre il serpillo è un arbusto strisciante dalle sommità verde chiaro e fiorellini bianchi,
Ma la differenza più importante è rappresentata dalla percentuale di olio essenziale che contengono, decisamente più alta in quello volgare e comunque variabile in base al luogo di origine e al tempo di raccolta.
Le diverse specie di timo erano note come piante medicinali sin dall’antichità e largamente usate dalla medicina egiziana, greca e romana. Gli Egizi lo utilizzavano nel processo di imbalsamazione, mentre i Greci e i Romani lo bruciavano nei templi per purificare e dare vigore ai loro soldati. Carlo Magno lo apprezzava così tanto da emettere un editto dove ordinava la sua coltivazione nei giardini del suo impero e fin dal Medio Evo si sfruttarono le sue spiccate proprietà antisettiche per prevenire le epidemie di peste sia strofinandolo sulla pelle che bevendone infusi in gran quantità.
Apprezzato in cucina
Certamente già nei secoli scorsi il timo venne utilizzato in cucina non solo per insaporire sughi, ripieni, carni e pesce, ma per migliorare lo stato di conservazione dei cibi e preservarli dagli attacchi batterici.
Oggi il timo è sempre presente nelle cucine francesi, balcaniche e inglesi, forse un po’ meno in quella Italiana, ma val la pena di provarlo, sia fresco che secco, per aromatizzare minestre, zuppe, hamburger vegetali e non, polpette, frittate e in particolare con i legumi, per migliorarne la digestione e prevenire i gonfiori addominali.
Aggiunto alle marinate per la cottura alla brace di carne e pesce contrasta l’ossidazione dovuta alle alte temperature, mentre per condire fresche e stuzzicanti insalate si può utilizzare un aceto al timo fresco che si prepara semplicemente ponendo una manciata di rametti in infusione in una bottiglietta da mezzo litro e filtrandola dopo una ventina di giorni.
Queste virtù del timo sono legate alla forte presenza di olio essenziale (ricco di fenoli, in particolare il timolo e il carvacrolo con azione fortemente antisettica e antibatterica), ai flavonoidi responsabili del’azione antispastica e calmante della tosse oltre a principi amari e acido ursolico ad azione antibiotica.
Consigliato in erboristica
L’infuso di timo è consigliato per le affezioni delle prime vie respiratorie, come tonico, antispastico e digestivo (due/tre tazze al giorno), come risciacquo per l’alitosi e antisettico del cavo orale e per bagni caldi alle mani e piedi riattivanti la circolazione periferica.
Anche per eliminare il cattivo odore dalle scarpe da ginnastica basta porre all’interno un sacchettino contenente una manciata di timo secco.
Qualche goccia di olio essenziale di timo in un diffusore di essenze per l’ambiente stimola e attiva il sistema nervoso rendendo l’aria balsamica e purificata da batteri e virus; dopo una doccia calda 2 gocce in poco olio vegetale massaggiate sul corpo sciolgono la tensione muscolare e donano vigore, mentre applicate sul torace donano sollievo in caso di raffreddore, bronchite e mal di gola. Essendo molto attivo, l’olio essenziale di timo non deve essere mai utilizzato puro sia esternamente che per uso orale, in gravidanza e sui neonati e deve essere usato sempre a basse diluizioni.
UNA RICETTA
Coniglio marinato al timo
Questa ricetta che ha origini liguri (l’ho avuta da un’anziana signora di Sanremo, cuoca sopraffina) si presta non solo per il coniglio ma anche per la selvaggina, in quanto la marinatura rende la carne più tenera e il timo smorza il sentore selvatico.
Preparare la marinatura con due scalogni affettati finemente, uno spicchio di aglio schiacciato, due bicchieri di vino bianco, due cucchiai di olio extra vergine di oliva, una foglia di alloro, una manciatina di rametti di timo spezzettati, una spolverata di pepe macinato grossolanamente.
Procurarsi un coniglio possibilmente da qualche piccolo allevamento agricolo e farlo a pezzi, lavarlo bene sotto l’acqua fredda e asciugarlo, sistemarlo in una terrina con la marinatura e mescolare bene, coprire con un piatto e lasciarlo macerare al fresco per 12 ore circa.
Prima di cucinarlo prelevare i vari pezzi di coniglio e asciugarli con qualche foglio di carta da cucina. Versare in una padella un filo di olio extravergine di oliva e far rosolare a fuoco vivace il coniglio fino a quando è di un bel colore dorato.
Aggiungere parte della marinatura e abbassare la fiamma, dopo qualche minuto aggiungere il resto e salare; mescolare bene, mettere il coperchio e cuocere lentamente a fuoco basso ed eventualmente aggiungere un poco di acqua o vino bianco. Quando la carne tende a staccarsi dalle ossa è pronto, assaggiate ed aggiustate la salatura se necessario.