Franciacorta, l’eccellenza dell’italian style

Denominazione di territorio, metodo di produzione e vino

Alessandra Piubello Marzo 2018
Franciacorta, l’eccellenza dell’italian style

Il territorio della Franciacorta è delimitato a est dalle colline rocciose e moreniche di Rodengo, Ome, Gussago e Cellatica, a nord dalle sponde meridionali del Lago d’Iseo e dalle ultime propaggini delle Alpi Retiche, a ovest dal fiume Oglio e infine a sud dal Monte Orfano.

Franciacorta: vigna e bosco

Siamo nel cuore della Lombardia, in un’area di circa 200 chilometri quadrati. Una zona caratterizzata da un ampio anfiteatro morenico, formatosi durate le glaciazioni delle ere geologiche Secondaria e Terziaria, per effetto dei movimenti di espansione e arretramento del grande ghiacciaio proveniente dalla Valcamonica. Elemento comune di gran parte dei suoli franciacortini è dunque l’origine morenica che ne determina le caratteristiche principali: discreta profondità, drenaggio efficace e riserva idrica buona o elevata. Esiste qui una grande variabilità pedo-paesaggistica che determina diversi comportamenti vegeto-produttivi, diverse dinamiche di maturazione delle uve e infine diversi caratteri sensoriali dei vini base. Con lo studio di zonazione condotto negli anni ‘90, sono state identificate ben sei unità vocazionali differenti. Questa variabilità è il fondamento della raffinata arte della creazione delle cuvée, vale a dire l’assemblaggio di vini base differenti, provenienti da specifiche unità di pedo-paesaggio. All’interno dell’area, a tutela della qualità delle uve prodotte, il disciplinare prevede l’esclusione di vigneti giacenti a quote superiori a 550 m s.l.m. La zona di produzione delle uve destinate all’elaborazione del vino a Docg Franciacorta, ricade nella provincia di Brescia e comprende tutto il territorio dei comuni di Paratico, Capriolo, Adro, Erbusco, Cortefranca, Iseo, Ome, Monticelli Brusati, Rodengo Saiano, Paderno Franciacorta, Passirano, Provaglio d’Iseo, Cellatica e Gussago, nonché parte del territorio dei comuni di Cologne, Coccaglio, Rovato e Cazzago S. Martino e del comune di Brescia. La Franciacorta è situata all’estremo confine settentrionale della Pianura Padana e contemporaneamente è incastonata nel sistema prealpino, a sud del lago di Iseo, pertanto pur risentendo di un clima di tipo continentale, trae enormi benefici dalla vicinanza del lago che ha un effetto mitigante delle temperature, sia d’estate sia d’inverno. A riprova di ciò, ecco la vegetazione della Franciacorta, a tratti tipicamente mediterranea con specie botaniche spontanee e naturalizzate o facilmente coltivabili come ad esempio l’olivo. I climatologi inquadrano questa zona nelle regioni mesoclimatiche insubriche.

UN PO’ DI STORIA E TRADIZIONE

Sulle colline della Franciacorta la vite è stata impiantata fin dalle epoche più remote. Ne sono prova i rinvenimenti di vinaccioli di epoca preistorica e materiale archeologico trovato in tutta la zona oltre alle diverse testimonianze di autori classici, da Plinio a Columella fino a Virgilio. Sappiamo anche dei popoli che si stanziarono nella Franciacorta, che conosciamo anche attraverso testimonianze storiografiche: i Galli Cenomani, i Romani e i Longobardi. I primi importanti interventi di razionalizzazione delle aree agricole risalgono al Medioevo con il fondamentale contributo dei monaci, in particolare i cluniacensi delle abbazie di San Pietro in Lamosa a Provaglio e di San Nicola a Rodengo Saiano, che bonificarono le zone palustri. Di quelle antiche paludi oggi resta la testimonianza ambientale delle Torbiere del Sebino, un parco protetto, dove si custodisce la biodiversità. Il nome Franciacorta ci riporta ancora ai monaci cluniacensi, quando il territorio beneficiò del libero scambio nel commercio (curtes francae, corti franche). Nell’intreccio tra storia, vino e cultura della Franciacorta s’inserisce una delle prime pubblicazioni al mondo sulla tecnica di preparazione dei vini a fermentazione naturale in bottiglia e sulla loro azione sul corpo umano. Stampato in Italia nel 1570, il testo venne scritto dal medico bresciano Gerolamo Conforti con il significativo titolo di “Libellus de vino mordaci”. Questo medico, i cui studi precedettero le intuizioni dell’illustre abate Dom Perignon, mise in rilievo la notevole diffusione e il largo consumo che i vini con le bollicine avevano in quell’epoca, definendoli “mordaci”, cioè briosi e spumeggianti. In qualche modo precorse i tempi della Franciacorta odierna. E se nel XVII secolo la regione era prettamente agricola, con l’avvento della società industriale dell’Ottocento e del Novecento le campagne si sono spopolate. Negli anni Cinquanta la fisionomia della Franciacorta cambia, ed inizia il dilagare di capannoni e aree artigianali; molti cascinali agricoli vengono abbandonati. Erano in pochi a credere nella viticoltura negli anni Sessanta: i vini di Franciacorta, prevalentemente rossi, erano tra quelli con i prezzi più bassi di tutta la Lombardia. Ma qui si inseriscono nel percorso accidentato della storia due personaggi che hanno rivoluzionato il territorio della Franciacorta. Due pionieri. All’epoca Guido Berlucchi vuole trovare una soluzione per delle partite di Pinot che gli danno dei problemi. Cerca qualcuno che lo possa aiutare. E quando il giovane enologo Franco Ziliani arriva in azienda da Berlucchi capisce che può realizzare il suo sogno: spumantizzare il Pinot, per costruire una via italiana allo Champagne che così tanto amava. Dopo una serie di esperimenti, finalmente nel 1961 (la bottiglia, sulla cui etichetta è scritto “Pinot di Franciacorta”, è una pietra miliare nella storia vinicola della Franciacorta, unica superstite ben custodita a memoria), quel visionario riuscì nell’intento. Fu un momento epocale. Nel 1967 undici produttori dell’attuale Franciacorta, che coltivavano ventinove ettari di vigneto, diedero inizio alla produzione di duemila ettolitri di Pinot di Franciacorta, muovendo così i primi passi verso il successo che il metodo Franciacorta ha raccolto negli anni successivi. Nello stesso anno ottengono la Doc, seguita dalla Docg nel 1995 (primo vino italiano prodotto esclusivamente con il metodo della rifermentazione in bottiglia a conseguirla). Oggi sulle etichette si legge la denominazione Franciacorta, unico termine che definisce il territorio, il metodo di produzione e il vino.

I VITIGNI E LA LORO COLTIVAZIONE IN VIGNETO

Franciacorta è prodotto con uve Chardonnay, Pinot nero, Pinot bianco e Erbamat. Con la sesta modifica al disciplinare di produzione datata agosto 2017, si è introdotto per la prima volta un vecchio vitigno a bacca bianca originario della provincia di Brescia, da molto tempo dimenticato, ma di cui si ha notizia fin dal ‘500. L’Erbamat è caratterizzato da una maturazione tardiva (giunge a idonea maturazione oltre un mese dopo lo Chardonnay e i Pinot), dà una sostanziale neutralità aromatica e una spiccata acidità, che contribuisce a dare freschezza alle basi. L’Erbamat entra al momento nella base ampelografica del Franciacorta nella misura massima del 10%, per quattro tipologie (ovvero Franciacorta, Franciacorta Rosé, Franciacorta Millesimato e Franciacorta Riserva), a eccezione del Franciacorta Satèn, così da permettere di testare le sue potenzialità in modo graduale e valutarne eventuali incrementi in futuro. I principali motivi che hanno mosso questo significativo progetto sono da ascriversi a due temi essenziali: la volontà di recuperare una maggiore identità e diversificazione del prodotto, grazie a un approfondito legame con il territorio e la necessità di mitigare gli effetti del cambiamento climatico, specie su uve precoci come lo Chardonnay e i Pinot. Lo Chardonnay è ormai coltivato in Franciacorta da alcuni decenni e attualmente occupa oltre duemila ettari di terreni a vigneto che corrispondono a circa l’80% della superficie totale. Per effetto della grande eterogeneità pedologica e microclimatica si potrebbe usare il plurale: “gli Chardonnay della Franciacorta”. Il Pinot nero è il secondo vitigno per diffusione in Franciacorta e occupa circa il 15% della superficie totale, nelle posizioni a maggiore altitudine. È impiegato soprattutto nei Millesimati e nelle Riserve del Franciacorta Docg, ai quali offre struttura e longevità; è inoltre un componente indispensabile per le cuvée del Franciacorta Rosé. Ricordiamo che le cinque tipologie da disciplinare comprendono: Franciacorta (minimo 18 mesi sui lieviti); Franciacorta Satèn (minimo 24 mesi), Franciacorta Rosé (minimo 24 mesi), Franciacorta Millesimato (minimo 30 mesi) e Franciacorta Riserva (minimo 60). Il Pinot bianco è il terzo vitigno del Franciacorta ed è piantato su circa il 5% della superficie totale. Le vigne della Franciacorta hanno una resa massima di 120 quintali di uva a ettaro (aumentata nell’ultimo disciplinare, prima era di 100) e la vendemmia, obbligatoriamente manuale, si svolge, a seconda delle annate, tra la prima decade di agosto e la prima di settembre. Oggi il modello viticolo prevede impianti a densità medio-alta tra i 4.500 e i 6.000 ceppi per ettaro, con una distanza massima tra le file di 2,5 m e una distanza minima sulla fila di 0,8 m. Le forme di allevamento a spalliera, con vegetazione ascendente sono le uniche ammesse per i nuovi impianti e le potature più frequenti sono quelle a guyot e a cordone speronato. Il 70% dei vigneti è stato convertito al biologico.

UN PO’ DI NUMERI

Sono 2.800 gli ettari vitati a Franciacorta Docg (82% Chardonnay con 2.296 ettari; 14% Pinot nero con 392 ettari; 4% Pinot bianco con 112 ettari). Le bottiglie vendute nel 2017 sono state 17,4 milioni, di cui l’11% all’estero. L’export ha avuto un aumento dei volumi di vendita complessivo del 5%. Il principale mercato si conferma il Giappone che a oggi costituisce il 20,6% del totale esportato, seguito dalla Svizzera che rappresenta il 17,4%, dalla Germania (13,6%) e dagli Stati Uniti (12,2%). “I risultati ottenuti sino ad ora – commenta il presidente del Consorzio di Tutela Vittorio Moretti – premiano il lavoro e la visione dei 117 produttori associati, dimostrando l’apprezzamento che il Franciacorta è riuscito a ottenere in Italia e su alcuni mercati internazionali, particolarmente attenti all’eccellenza e all’italian style”.

A TAVOLA

Per la sua freschezza e vivacità il Franciacorta è un vino molto versatile a tavola. È ideale sia per un aperitivo sia come vino da tutto pasto. Si abbina in particolar modo con le numerose specialità gastronomiche di questa terra, come i casoncelli, lo spiedo alla bresciana, il salame di Monte Isola, la ret di Capriolo (salame tipico), il manzo all’olio di Rovato, la tinca ripiena al forno, la sardina essiccata del lago di Iseo (che in realtà è un agone). Uscendo dagli abbinamenti tipici locali, il Franciacorta si valorizza in abbinamento a delicati risotti mantecati ai formaggi o alle verdure, con carni bianche e formaggi a pasta morbida o mediamente stagionati. Accompagna con stile anche antipasti importanti, primi piatti oppure secondi di pesce.

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