Fenomeno wine club: circoli esclusivi o canali di divulgazione?

Definiamo club un circolo o una associazione di persone che praticano una attività comune per svago e passatempo, spesso confrontandosi tra loro e scambiandosi opinioni. Ma il fenomeno dei wine club si sta vivacizzando di nuove varianti, diventando un mezzo di diffusione della cultura del vino…

Marco Negro Settembre 2021
Fenomeno wine club: circoli esclusivi o canali di divulgazione?

I club di appassionati di vino nascevano all’inizio degli anni Settanta negli Stati Uniti, da qui l’uso di chiamarli “wine club”, in pratica “i club del vino”.
Le prime associazioni offrivano in genere un abbonamento annuale, su rateizzazione mensile. In cambio l’associato riceveva ad ogni mese una scatola contenente 6 bottiglie di vino, la cosiddetta “wine box”. Il sistema continua ad essere popolare in Nord America e ha un certo seguito anche in altri mercati. Gli organizzatori di questo metodo di vendita cercano ancora ora oggi di mantenere vivo l’interesse per le loro offerte andando a proporre selezioni di vini da nazioni e regioni diverse, talvolta introducendo temi che stimolano approfondimenti, oppure il confronto.

Alcuni esempi di “scatole del mese”: il Pinot Nero da 6 regioni del mondo diverse, la selezione di 6 vini da terreni di origine vulcanica, 6 vini dalla regione Langhe e così via. Altre volte la scatola contiene semplicemente vini che si pensa possano piacere al gusto medio degli associati: uno spumante, due vini bianchi e tre vini rossi!

Ebbi modo di conoscere un esperto degustatore californiano che operava come consulente e selezionatore per quattro diversi wine club. Lui mi raccontava che la principale sfida era quella di partire dalle note degustative, appuntate per centinaia di vini assaggiati, calcolare i costi finali di arrivo in magazzino e creare così delle proposte di “wine box” con lo stesso prezzo medio, da proporre mese dopo mese.

L’impatto dei social network
I moderni sistemi di comunicazione, in particolare i social network, hanno accorciato le distanze tra i membri dei wine club e i produttori. I “wine club” possono oggi vivacizzare i contenuti statici pubblicati sulle newsletter e sui siti web con nuovi contenuti dinamici e di breve durata, ma a più ampia diffusione; ad esempio, i commenti su Twitter o i brevi video che si possono realizzare su Instagram. Da questi ultimi non si possono pretendere i dettagli tipici dell’approfondimento; essi sono però un buon mezzo per divulgare qualche piccola nozione relativa ad un vitigno o il terroir. Una vera opportunità per le cantine di “parlare” a migliaia di clienti finali.

Il sistema di vendita dei vini attraverso l’adesione a “wine club”, nato negli Stati Uniti, fu poi adottato anche in altri paesi. Era un metodo di vendita per il quale occorreva un pubblico eterogeneo e privo di retaggi culturali in materia di consumo del vino, esattamente come quello anglosassone. Lo stesso mercato nordamericano, da sempre anticipatore e precursore di metodi e tecniche di vendita, propose presto ai membri soci dei “wine club” i sistemi di accumulo punti per fidelizzarli oppure i sistemi di sconto piramidale che premiavano la presentazione di nuovi membri. Diverse associazioni di appassionati del vino sono in realtà presenti anche in mercati considerati più tradizionalisti, come quello francese.

Grazie alle piccole fiere di settore delle regioni produttrici i selezionatori dei “wine club” spesso incontrano le aziende vinicole a conduzione familiare che sono un importante serbatoio di novità da provare, recensire e far scoprire alle loro migliaia di associati.

Un fenomeno recente per l’Italia
In Italia il fenomeno è arrivato più recentemente, nel pieno della trasformazione della comunicazione verso l’uso dei canali digitali. I consumatori italiani non hanno avuto la possibilità di conoscere i cataloghi dei “wine club” stampati e spediti per posta. La recente diffusione è avvenuta per lo più attraverso il canale Instagram, ormai il principale mezzo di comunicazione tra aziende e consumatori. I club italiani di divulgazione, con possibilità di acquisto delle bottiglie, si incentrano sulla buona reputazione di un sommelier, oppure di un esperto del settore, che sa organizzare il filone narrativo delle cantine e dei vini proposti, conducendo gli associati fino all’offerta della “scatola del mese”.

Il termine “wine club” viene però utilizzato, da alcuni anni a questa parte, anche da diverse aziende vitivinicole. Si tratta in genere di cantine che hanno del personale dedicato a seguire le attività di promozione sui canali sociali digitali e hanno già sperimentato – non sempre con grande successo – la vendita on-line, dal proprio sito web. La proposta di adesione ad un proprio “wine club” permette alla cantina, da un lato la profilazione di nuovi clienti, dall’altro la proposta di pacchetti e combinazioni diverse da quelle regolarmente in vendita sul sito di commercio elettronico. Alcuni “wine club” di prestigiose cantine italiane danno accesso, per esempio, all’acquisto di annate introvabili sul mercato, sapientemente messe da parte negli anni precedenti.

Per contro, altre aziende hanno deciso di proporre ai membri soci l’accesso alle vendite in anteprima di alcune delle loro riserve. Altri vignaioli propongono edizioni limitate, oppure cassettine con vini in abbinamento a specialità gastronomiche del territorio. C’è chi unisce alla “scatola del mese” sconti e gratuità sulle esperienze che gli appassionati di enoturismo possono vivere in diretta, visitando la cantina: pernottamenti, escursioni, corsi di cucina o attività sportive. Qualcuno infine osa molto, andando a proporre un patto di assoluta fiducia tra consumatore e produttore; la proposta si chiama “mistery box”, il contenuto (quali bottiglie e di quale annata) rimane misterioso fino alla consegna all’appassionato consumatore.

Una tendenza da coltivare
Per prendere a prestito lo slogan di un noto “wine club”, questo modo di distribuire le bottiglie di vino è un ponte tra i vignaioli e gli appassionati. Non è senza dubbio il principale canale di vendita per una cantina, né quello che garantisce al produttore una affidabile continuità, a differenza delle vendite ad un distributore tradizionale. È però una opportunità, più che mai attuale, che potrebbe anche vivacizzare i consumi tra i clienti tendenzialmente più conservatori e meno aperti alle novità. Occorre però evitare il rischio di interpretare questa opportunità come una tendenza passeggera. Innanzitutto, servono sforzi di natura commerciale per farsi conoscere dai selezionatori dei “wine club”. Si deve cercarli, proporsi e avviare con loro un rapporto commerciale.

Inoltre, come per ogni ramo d’azienda, servono adeguati investimenti e risorse umane per conseguire dei risultati. Immaginiamo per esempio che un vino venga selezionato da un “wine club” estero: in poche settimane alcune migliaia di consumatori conoscono ora un nuovo vino! È verosimile che alcuni di loro siano presto pronti a ricomprarlo e che di lì a poco lo cerchino nei canali tradizionali del loro paese, nelle enoteche per esempio.

Vendere vino attraverso i “wine club” allora può essere ben più che una operazione temporanea e stagionale. Si potrebbero aprire interessanti scenari di collaborazione con un distributore tradizionale, che non entra affatto in competizione con l’organizzatore del “wine club”. La comunicazione della cantina dovrà quindi essere pronta a divulgare sia l’uscita temporanea in una “scatola del mese”, da parte del “wine club”, sia a raccontare dove sarà possibile trovare lo stesso vino al termine della promozione limitata.

Gli ultimi anni ci hanno dimostrato l’importanza di articolare la distribuzione di vini su molteplici canali. Auguriamoci che le vendite attraverso i circoli di appassionati possano essere una delle opportunità che diamo alla straordinaria varietà di vini del nostro Bel Paese!

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