Ho incontrato Ezio Bosso la prima volta una sera d’autunno, il 24 ottobre 2016, a Monforte d’Alba dal produttore di Barolo Rodolfo Migliorini al suo Podere Rocche dei Manzoni. Da allora ho ascoltato a piene mani la sua musica, senza più poterne fare a meno.
Non definitelo musicista o compositore. Bosso ha la definizione di sé stesso:
“Sono un direttore d’orchestra che scrive la musica e all’occorrenza suona il pianoforte. Cerco la creazione, l’unione degli spazi: il mio essere direttore d’orchestra nutre il mio scrivere la musica e il mio scrivere la musica nutre il mio essere direttore d’orchestra.”
La musica è la sua arte, il suo impegno professionale, il vino la sua passione, insieme alla gastronomia, in particolare quella piemontese. Già il suo anno di nascita, il 1971, è un attestato di qualità: una delle più grandi annate del Barolo, il vino che Ezio ama in modo smisurato, anche se tra le righe lascia trapelare anche una passione per il Barbaresco. È nato a Torino e oggi vive tra Londra, Bologna e Trieste. Direttore stabile residente della Fondazione del Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste, Direttore Principale e Artistico della Stradivari Festival Chamber Orchestra, Sony Classical International Artist dal 2016, a febbraio 2018 è stato nominato anche Steinway Artist. Ezio Bosso inoltre è il testimone ufficiale della Festa Europea Della Musica per il 2018. Direttore d’orchestra, compositore, pianista all’occorrenza come ama definirsi, ha ricominciato una più intensa attività concertistica solo dalla seconda metà del 2015, dopo che negli anni precedenti era stato colpito da una subdola malattia neurodegenerativa.
Ricorda perfettamente il suo primo incontro con il vino: “Avevo circa 4 anni e capitò in quella parte di Monferrato che va verso la collina torinese, Castelnuovo Don Bosco, Chieri, Albugnano. Ricordo quel profumo floreale di una Freisa di Chieri che aveva un buon residuo di zucchero, ma non esagerato. Quei sentori delicati e fragranti mi sono rimasti impressi così come il sapore dolcino che si abbinava bene con il panino con salame che stavo mangiando. Nella vita, ogni tanto, mi è capitato di riprovare quel binomio di profumi e sapori e tutte le volte è stata un’occasione festosa.”
E con la musica?
“Non ci furono molte differenze. Anche con la musica ho avuto un incontro precoce. Anche in questo caso, a 4 anni già leggevo la musica e – un po’ come con il panino con il salame e la Freisa – subito compresi che la musica sarebbe stata la mia vita.”
Anche la sua passione?
“No, la vita è tutto. La mia vera passione, lo dico sorridendo, di fatto è la gastronomia. la tavola mi piace davvero, tutte le tavole, senza discriminazioni. Amo cucinare e non sono campanilista, amo tutte le cucine del mondo, anche se di fronte a un piatto di formaggi o di agnolotti del plìn e non solo o di fronte a una gustosa serie di antipasti capisco che il Piemonte, almeno in cucina, è la regione del mio privilegio.”
Si dice che il vino sia prodigo di convivialità. Secondo lei che cosa porta il vino nel piacere di stare insieme?
“Questo ruolo di unione tra le persone il vino lo regala da sempre. La sua stessa storia lo sottolinea. Per questo è come la musica: crea sintonia, fa cadere gli steccati e fa scoprire la voglia di camminare insieme. Provate a pensare: è nella stessa capacità del vino di accompagnare i vari momenti del giorno. Non c’è solo il vino per la tavola, ma c’è il vino per il riposo, il vino per la meditazione, il vino per la festa. Il vino sa unire le persone e questo ha origine già nella sua degustazione, dove sa coinvolgere tutti i sensi, gli occhi, il naso, la bocca per il sapore, senza dimenticare le mani e la capacità creativa di chi l’ha fatto.”
È così che è nata la sua amicizia con Rodolfo Migliorini di Rocche dei Manzoni?
“La nostra è un’amicizia storica. Probabilmente il suo artefice è stato proprio il vino. Di sicuro il vino è lo strumento che l’ha fatta crescere. In nome del vino siamo diventati piccoli inventori di sogni, dove il vino e la musica hanno sempre un ruolo essenziale. Come quella speciale cuvée di Valentino Brut intitolata “Door 185th”, dove i lieviti sono cresciuti non tanto al mutare della temperatura quanto sotto l’effetto della musica.”
Nel libretto dell’opera “La dodicesima stanza” ho letto un forte richiamo alla Marchesa Giulia di Barolo, sposa nel cuore dell’Ottocento di Tancredi Falletti. Mi sono chiesto le ragioni di questo ricordo così intenso.
“Semplice. Giulia di Barolo per me è stata una donna straordinaria. Anzi lo è tuttora. Ha mirato sempre in alto, ha cercato l’educazione di tante le categorie di persone, dai bambini fino alle donne carcerate. Nella storia della mia vita una parte importante del mio impegno è stato ed è tuttora con l’Opera Pia Barolo, la più antica d’Europa. Sono orgoglioso di fare parte di questa grande famiglia che continua ad avere l’ambiziosa voglia di educare. Noi che creiamo dobbiamo educare: più cose so e più so cosa mi piace. Così sono più libero.”
Continuando a parlare di “stanze”, la cantina che stanza è? Un ambiente qualsiasi della casa oppure un posto speciale?
“La cantina è una stanza a tutti gli effetti. Ha tutte le caratteristiche: ha una porta, una finestra per arieggiare. È un posto speciale dove conservare e proteggere qualcosa di prezioso per il nutrimento dell’uomo. Specialmente le cantine di un tempo erano uno scrigno di tante cose buone (vino, formaggi, salumi, verdure e frutti sotto vetro e così via). Oggi, poi, le cantine sono un omaggio alla bellezza, che si esprime in tante splendide creazioni. Recentemente sono stato in Georgia e lì ho trovato l’origine primaria del vino. È stata un’emozione fortissima vedere quelle anfore sotto terra: il vino che nasce dalla terra, nella terra si evolve sino a diventare una bevanda preziosa che sprigiona luce e felicità. In fondo, anche la musica è così: nasce nei meandri della mente e della creatività umana, poi poco per volta cresce, si eleva fino a regalare intense emozioni a chi l’ascolta.”
Ancora una domanda, forse un po’ prosaica: il suo vino è bianco o rosso?
“Per me il vino è vino e basta. È la bellezza assoluta, la bellezza della terra, del colore, del profumo e del sapore. Anche le colline che ospitano le vigne sono più belle, decisamente più belle di quelle dove la vigna non c’è.” “Le Langhe mi mancano. Ci tornerò presto. Per riposarmi e rilassarmi al Boscareto. Vorrei un giorno tornare per un bel concerto. Un giorno in cui la musica e il vino diventerebbero un altro attimo di vita condivisa.”