Benvenuto Unesco!

Non un traguardo, ma uno stimolo a continuare a salvaguardare e difendere ancora di più questo patrimonio

Giancarlo Mondaldo e Luigi Biestro Settembre 2014
Benvenuto Unesco!

Le colline del vino di Langa-Roero e Monferrato sono patrimonio dell’umanità. Lo ha decretato l’Unesco a Doha nel giugno scorso e subito si sono sprecati i commenti e le dichiarazioni di soddisfazione, con un pizzico di trionfalismo persino eccessivo.

Al riguardo, anche Barolo & Co. intende proporre alcuni punti di riflessione.
Prima di tutto, questo riconoscimento va accreditato non già al territorio di Langa-Roero e Monferrato nel suo insieme, quanto piuttosto alle col- line vitate, che sono lo spazio concreto per tante produzioni di qualità e prestigio e che con la loro speciale capacità produttiva hanno caratterizzato in positivo lo sviluppo dell’intero Piemonte.
Alcune con maggiore spavalderia e tempestività, altre con più titubanza e timidezza, tutte queste colline del vino stanno rivelando al mondo la loro bella faccia e, al tempo stesso, regalando agli eno-appassionati dei prodotti di elevata qualità e valore.
Un ringraziamento speciale va perciò ai viticoltori, a coloro che nel tempo hanno plasmato le colline, alternato con equilibrio il vigneto e le altre colture, salvaguardato i declivi e le curve più ardite e ricamato un paesaggio originale e affascinante.
Oggi il mondo produttivo di Langa-Roero e Monferrato è costellato di tanti qualificati interpreti dell’arte di coltivare la vigna e produrre vino. E sono riconosciuti a livello mondiale. A loro è affidato il presente e il futuro.

Il riconoscimento a patrimonio dell’umanità Unesco non è arrivato per caso. Piuttosto, è frutto del lavoro e della lungimiranza di tante donne e tanti uomini che – negli anni della malora e delle difficoltà – hanno saputo resistere alle sirene della città e di altri mondi produttivi, con- servare e trasferire intatto ai loro eredi un patrimonio di terra, vitigni e saperi che solo dopo lunghissimi anni possono sedimentarsi e diventare inconfondibili.
E quando parliamo di questa gente non ci riferiamo solo ai Cavazza, agli Ottavi, ai Marescalchi, ai Desana, ai Bersano, ai Rivera, ai Ratti, ai Degiacomi, ai Conterno e così via. Pensiamo alla gente comune, semplici viticoltori e cantinieri mai saliti agli onori delle cronache, ma che – giorno dopo giorno – hanno lavorato, con sapienza e caparbietà, affinché la vite, la sua coltivazione e la produzione del vino restassero una componente fondamentale di questo territorio, anche in epoche in cui era più facile e remunerativo percorrere altre strade.

È inutile illuderci: il futuro di queste colline non sarà facile. Ogni giorno, lo sviluppo dovrà ribadire atteggiamenti consapevoli e comportamenti virtuosi, a costo di rinunce, scelte impopolari e decisioni difficili da con- dividere. Ogni giorno dovremo far crescere le nostre bellezze.
Questo riconoscimento non è un traguardo, ma solo uno stimolo a continuare imperterriti a salvaguardare e difendere ancora di più questo patrimonio, le vigne, le forme del suolo, i vitigni e le conoscenze, in nome di quella “biodiversità di territorio” che è la nostra fortuna.
E bisognerà anche rispettare di più l’ambiente: un territorio sano è il pre- cursore diretto di un paesaggio bello e accogliente.
Teniamolo a mente, concretizziamolo e le nostre colline e le loro nuove generazioni ce ne renderanno merito.

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