Albana, oro dell’ intera Romagna

Un vitigno dalle origini antiche ma anche complicato nella sua lavorazione, trattandosi di un’uva bianca con le caratteristiche del rosso, è il vanto della Romagna…

Paolo Valente Luglio 2022
Albana, oro dell’ intera Romagna

L’Albana è l’orgoglio bianco della Romagna. Un vitigno da sempre coltivato e vinificato in tutta la regione ma con maggiore soddisfazione in quella che è oggi la sua area di elezione, nelle provincie di Bologna, Forlì/Cesena e Ravenna.

L’Albana è un’uva estremamente versatile in vinificazione e ha saputo adeguarsi ai tempi, adattandosi ai nuovi gusti del consumatore. Tradizionalmente veniva prodotta dolce, leggermente frizzante. Il residuo zuccherino presente al momento dell’imbottigliamento faceva sì che iniziasse una rifermentazione in bottiglia, con leggera presa di spuma. Una parte dello zucchero rimaneva non fermentato, di qui la sua dolcezza residua. Poi, e forse è questa la versione più conosciuta, è diventato un vino passito. In alcuni casi, anche muffato: le uve sono attaccate da Botritis Cinerea, la cosiddetta Muffa nobile, che modifica la struttura degli acini dall’interno andando ad arricchirli di sentori e profumi caratteristici di cui nobili esempi sono i Sauternes francesi o i Tokaj ungheresi.

Una quindicina di anni fa, una nuova svolta: il ritorno in auge dell’Albana secca, versione nella quale il vitigno si esprime in modo eccellente. Oggi, la versione macerata rappresenta la nuova tendenza e anche in questo caso l’Albana si esprime al meglio.
È un vitigno complicato nella lavorazione perché è un’uva bianca con le caratteristiche del rosso. È un bianco con tanti tannini percepibili in modo evidente se vinificato con macerazione o in anfora.
L’Albana, i cui cloni più diffusi sono l’Albana della Compadrona, l’Albana Gentile di Bertinoro e l’Albana della Serra, potrebbe essere definita una macchina da zuccheri; i grappoli sono spargoli, di grande dimensione, arrivano a circa 50 cm di lunghezza e sono talmente carichi di zucchero che, nel passato, la merenda del contadino era costituita da acini di Albana e pane. Era anche abitudine conservarne qualche grappolo, farlo appassire per gustarlo a Capodanno.

Una simpatica leggenda
Attorno all’Albana di Romagna ed in particolare alla città di Bertinoro circola una simpatica leggenda. Si narra di una principessa romana, tal Galla Placidia, figlia dell’imperatore Teodosio il Grande, che, nel 435 d.C., forse per sfuggire alla malaria, si trovò in visita in un paesino della Romagna e assaggiando il vino locale servitole in una rozza tazza, esclamò: “Non così umilmente ti si dovrebbe bere, bensì berti in oro, per rendere omaggio alla tua soavità”. Da qui sembra, il condizionale è d’obbligo, che il nome di quella località cambiò da “Monte Dell’Uccellaccio” a “Bertinoro”, berti in oro, appunto.
Chissà se Gallia Placidia ha mai pronunciato quella frase e quale vino stesse effettivamente bevendo. Molto probabilmente un vino totalmente diverso da quello da noi conosciuto, ma tant’è, la qualità doveva essere comunque eccellente, almeno per l’epoca. Di Albana ne parla anche Plinio il Vecchio che lo descrive come un vino di pregio. Il nome sembra derivare dal termine latino ‘albus’ (bianco) e sembra sia arrivato in zona portato dai Romani in occasione delle campagne di conquista di quella che veniva chiamata Gallia Cisalpina.
Altre ipotesi riconducono il nome Albana ai colli Albani da dove sembra provenissero le viti impiantate dai Romani, altre al vitigno Albuele, un tempo molto diffuso nella valle del Reno.
Bisogna però aspettare il 1303 per avere le prime notizie scritte; Pier de’ Crescenzi, scrittore e agronomo bolognese, nel suo Liber Ruralium Commodorum, ovvero il “Libro dei benefici agricoli“, parla di un “vino potente e di nobile sapore, benserbevole e mezzanamente sottile…e questa maniera (tipo) d’uva è avuta migliore di tutte le altre a Forlì e in tutta la Romagna”.
Una descrizione più accurata del vitigno si trova, in tempi ormai recenti, nel “Bullettino Ampelografico del Ministero d’Agricoltura, industria e Commercio” del 1879.

Il territorio d’elezione
L’areale di coltivazione viene individuato, all’inizio del Novecento da Mariano Savelli, del Regio Laboratorio Autonomo di Chimica Agraria di Forlì: “I luoghi di Romagna ove l’Albana si coltiva, … sono: le colline di Dozza (Imola), di Riolo, di S. Lucia delle Spianate nel Faentino, di Terra del Sole e Castrocaro, di Bertinoro, di Cesena, di Longiano e Montiano. Tutta questa zona che trovasi ad una pressoché identica latitudine ed appartiene ad una stessa epoca geologica, evidentemente racchiude tuttora in sé stessa il segreto della sua peculiare attitudine produttiva”.
Il vitigno Albana è presente in tutta la Romagna ma la zona in cui s trovano le migliori espressioni è quella definita dal disciplinare di produzione della DOCG, ovvero il territorio di 22 comuni: 7 nella provincia di Bologna, 10 in quella di Forlì/Cesena e 5 in quella di Ravenna.
La zona di produzione così definita si trova tutta alla medesima latitudine e appartiene alla stessa epoca geologica, ma alcuni studi hanno confermato come il vitigno riesca a esprimersi al meglio nei suoli caratterizzati dalla presenza di Spungone, una formazione geologica che costituisce il primo rilievo visibile dalla via Emilia. Lo Spungone è una roccia arenaria calcarea dall’aspetto spugnoso (spugnò e spungò, in dialetto) che appunto forma le colline da Bertinoro a Castrocaro Terme e che 3 milioni di anni fa era barriera corallina e scogliera del mare Padano. Bertinoro, che si trova su questa formazione, è storicamente considerata la patria dell’Albana che qui si esprime al meglio. Risultati altrettanto interessanti si stanno ottenendo anche nella zona dell’imolese.
Una gran parte dei vigneti tradizionali hanno esposizione sud-est o sud-ovest, per poter godere meglio del sole e sono impiantati in terreni che limitano la vigoria innata della varietà.

Le caratteristiche organolettiche
L’Albana di Romagna è un vino dotato di buona struttura e regala prodotti dalla complessità intrigante e dell’ottima finezza. Si presenta nel calice di grande luminosità; il colore giallo paglierino delle versioni secche si carica di note dorate intense nelle versioni passite e botritizzate.
I profumi sono caratteristici – in Romagna si dice che l’Albana sa di Albana! – eleganti e mai prorompenti. Spaziano principalmente dalle note fruttate (frutta gialla, albicocche, pesche, susine, buccia di agrumi) a quelle floreali (ginestra, acacia, fiori di pesco). Completano il profumo note di miele, di nocciola e un sottofondo minerale, quasi di gesso.
Ma è soprattutto al palato che l’Albana esprime le caratteristiche tipiche varietali. È un vino intenso, di buon corpo e acidità. La sapidità e la fine trama tannica, in caso di macerazione sulle bucce, gli conferiscono una buona struttura. La persistenza chiude con un finale leggermente amaricante e con note minerali.
Il sorso, evidentemente, è influenzato dalla tipologia. Asciutto e fresco in caso di versione secca, si ammorbidisce fino ad arrivare allo spessore e all’opulenza delle versioni passite o, ancor più, botritizzate, senza però scadere nello stucchevole grazie alla buona acidità. Anche la complessità, sia olfattiva che gustativa, cresce nelle versioni che maturano in legno.
La tipologia secca accompagna egregiamente i primi piatti della tradizione, dai tortelli ai passatelli, dai cappelletti alle lasagne al forno trovando particolare esaltazione nei piatti che contengono sia carne che formaggio; l’acidità riesce a equilibrare e a pulire il palato dal formaggio e la struttura regge il confronto con la carne. Anche la cucina etnica e speziata trova nell’Albana secco un perfetto compagno di tavola così come i secondi di carne bianca aromatica: il coniglio, la faraona, l’anatra. Le versioni passite si abbinano ottimamente a formaggi erborinati oppure ai formaggi di fossa. Le versioni amabile o dolce accompagnano felicemente i dolci dal sapore delicato, come le frittelle o la brazadèla, la tipica ciambella romagnola.

Il futuro dell’Albana
Abbiamo chiesto alla Presidente del Consorzio Vini di Romagna, Ruenza Santandrea, quali sono le sue previsioni per il prossimo avvenire. “Per l’Albana vedo un grande futuro. È un vitigno autoctono e, sembra incredibile da dire, nonostante sia stata la prima DOCG italiana a bacca bianca, ha conosciuto un periodo nel quale è stata oscurata. La conseguente riduzione degli ettari vitati è stata, nel contempo, la sua fortuna in quanto la qualità è aumentata notevolmente. Adesso c’è una grande riscoperta dell’Albana sia in Italia che all’estero anche grazie alla curiosità verso i vitigni autoctoni e poco conosciuti. Molti produttori stanno ricominciando a piantarla, anche nel metodo tradizionale a pergoletta, metodo che dà la migliore espressione di Romagna. È un vino affascinante per come riesce a esprimersi, per la sua grandissima versatilità”.
La DOCG Albana di Romagna è stata istituita nel 1987, come trasformazione della precedente DOC in essere fin dal 1967, primo vino bianco italiano a essere insignito della denominazione.
Sono previste le tipologie: Secco, amabile, dolce, passito e passito riserva.
La composizione ampelografica prevede vitigno Albana per almeno il 95% e altre varietà a bacca bianca idonee alla coltivazione nella regione per la restante parte. La produzione massima di uva è fissata in 100 qli/ha mentre la resa massima in vino è del 70% che scende al 50% per la tipologia passito.
L’appassimento, che è possibile effettuare con l’utilizzo di aria ventilata e deumidificata, può protrarsi fino al 30 marzo dell’anno successivo alla vendemmia; alla fine del periodo di appassimento il contenuto zuccherino non può essere inferiore a 284 gr/l, limite che sala a 400 gr/l in caso di uve appassite in pianta con attacco di “muffa nobile”.
Il passito non può essere immesso in vendita prima del 1° settembre dell’anno successivo a quello della vendemmia, temine che slitta al 1° dicembre in caso di passito riserva.
Per tutte le tipologie è consentito l’utilizzo di contenitori in legno.
Il tenore alcolico minimo è pari a 12,0% per la versione secca e al 12,5% per le versioni amabile e dolce. Per la versione passita lo zucchero residuo minimo è di 70 gr/l con un titolo alcolometrico volumico totale minimo del 17% che sale al 24% in caso di passito riserva.

Gli altri vini dell’Albana
All’interno della ben più ampia denominazione Romagna DOC, istituita nel 2011, una tipologia è riservata all’Albana Spumante Dolce. Il territorio di coltivazione delle uve è il medesimo previsto dalla DOCG così come identica è la base ampelografica. La produzione massima è di 90 q.li/ha con un titolo alcolometrico volumico totale minimo del 13%, che sale al 16% dopo il parziale appassimento delle uve. La resa massima in vino è fissata nel 50%. La fermentazione del mosto può essere effettuata anche in parte in legno. All’immissione in commercio l’Albana Spumante Dolce deve avere un residuo zuccherino minimo di 60 gr/l.
L’Albana contribuisce almeno per il 70% anche alla composizione ampelografica dei vini della IGT Sillaro istituita nel 1995. La coltivazione delle uve si estende su 37 comuni delle provincie di Bologna, Forlì-Cesena, Ravenna e Rimini; sono ammesse anche le tipologie frizzante e novello. La resa per ettaro non deve superare i 220 qli e la resa in vino non deve superare l’80%. Il titolo alcolometrico volumico massimo non deve essere inferiore al 10%, 11% in caso di novello.

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